Naturalmente non gli si fanno domande difficili, ma lo si tratta – già la sua piccolezza induce a questo – come un bambino. «Come ti chiami?» gli si chiede. «Odradek», dice. «E dove abiti?» «Senza fissa dimora» dice, e ride; ma è solo una risata come la può emettere chi è senza polmoni. Suona all’incirca come il fruscio delle foglie cadute. Per lo più, con questo il colloquio finisce. D’altronde anche queste risposte non sempre si possono ottenere; spesso resta muto a lungo, come il legno di cui sembra esser fatto.
I racconti di Franz Kafka e Nicolas Winding Refn hanno questo in comune, la capacità di calare il lettore (o spettatore) in cronotopi incantati e stranianti. Tanto più li si apprezza quanto più si è disposti a condividere le allucinate mitologie dell’autore, che spesso violano i princìpi elementari della logica e le più consolidate convenzioni narrative. Succede anche in Touch of Crude [id., 2022], cortometraggio appena uscito per promuovere la collezione Primavera/Estate 2023 di Prada1.
I titoli di testa di Touch of Crude.
Non è la prima volta che NWR manifesta la sua passione per il fashion industry, in cui ha ambientato due spot clamorosi, uno per Gucci e uno per 24 Sèvres, oltre ovviamente a The Neon Demon [id., 2016]. Fin dai tempi di Bronson [id., 2008] la poetica refniana fissa le proprie pulsioni erotiche sulla superficie levigata di corpi statuari e disumanizzati che compiono movimenti rappresi, immersi in oleosi balsami di colore. In Winding Refn la figura umana, così imbalsamata dalla cinematografia ed elevata alla seducente astrattezza del simbolo, si avvicina spontaneamente al mondo della moda, che già Benjamin un secolo fa riconduceva al sex appeal dell’inorganico: «Ogni moda accoppia il corpo vivente al mondo inorganico. […] Il feticismo che soggiace al sex-appeal dell’inorganico è il suo nervo vitale.»2
NWR e il fashion industry: Gucci e 24 Sèvres.
Allora Touch of Crude, che ufficialmente “esplora la vita delle donne e la femminilità fluida moderna”, è diventato in realtà un nuovo teatro dove far danzare i fantasmi di vecchie ossessioni. In una vecchia casa piena di specchi e vetri satinati, Sun Woman (Liv Corfixen, moglie del regista) viene sorpresa da una strana entità, un rettangolo fluttuante provvisto di un occhiello, simile a una fotocamera. Dal primissimo piano sull’occhio di Sun Woman, uno zoom-out ci allontana portandoci all’interno dell’entità, un vasto spazio scuro attraversato da bagliori luminosi. Qui incontriamo prima Moon Girl (Lola Corfixen, la figlia), che sfila di fronte a inquietanti e contraddittorie versioni di sé stessa, e poi Super Star (Lizzielou Corfixen, la seconda figlia), l’unica a “conversare” con la pseudo-camera in uno strano dialetto di fruscii elettronici e strofinii metallici. «Custodisco un segreto in me» dice l’entità, «Vuoi scoprirlo?» e Super Star avvicina l’occhio all’occhiello, che la inonda di luce colorata.
La pseudo-camera di Touch of Crude.
Giocato tutto sull’opposizione metaforica dentro/fuori, e raccontato attraverso lenti e ieratici zoom-out, Touch of Crude ricopre con un velo di sofisticheria pruriginosi istinti sessuali. L’occhio della pseudo-camera opera come una membrana che inghiotte il corpo femminile. La donna rivestita di luci, colori e ovviamente della nuova Collezione Prada si trasforma in un feticcio quasi religioso, capace di catalizzare lo sguardo desiderante e nel contempo di rimbalzarlo come farebbe uno specchio. Lo sguardo penetrante, luminoso della pseudo-camera – che ovviamente rimanda al pene, e dunque al desiderio maschile – può quindi avvolgere la donna, fissarsi su di essa, ma mai possederla veramente. Solo la donna può imparare a possedere la propria bellezza (tema centrale, questo, di The Neon Demon), e impara a farlo proprio specchiandosi nello sguardo desiderante che la istituisce come oggetto principe del desiderio – illuminandola, appunto.3
In Touch of Crude e The Neon Demon, la donna impara a possedere la propria bellezza.
Ma Touch of Crude sembra nascondere un altro tema ricorrente che attraversa e alimenta sottotraccia la filmografia refniana. In un corto di sole donne la pseudo-camera si può leggere come un’allegoria del maschio, e siccome si tratta di un corto “familiare” il maschio non può che essere il padre, ovvero il regista stesso, che si manifesta appunto attraverso lo sguardo della macchina da presa. Fatalmente castrato, ridotto a poter esprimere l’istanza del desiderio solo mediante lo sguardo, questo apparentemente innocuo e insignificante oggettucolo dissimula comunque un antico e pericoloso potere di attrazione («Custodisco un segreto in me»), l’inconfessabile pulsione incestuosa che era già centrale in Bleeder [id., 1999], Solo Dio perdona [Only God Forgives, 2013] e Too Old To Die Young [id., creata da Ed Brubaker e Winding Refn, 2019].4
Ecco spiegato anche il titolo: crude ha un cuore semantico legato alla nozione di crudo, greggio, non-rifinito, che si estende per via radiale verso i significati di primitivo, esplicito, osceno, eppure non vediamo niente di volgare nei 28 minuti di Touch of Crude. Però ce lo possiamo leggere: nelle ricerche antropologiche di Lévi-Strauss, il “crudo” (cru) rappresenta tutto ciò che per essere consumato e condiviso socialmente ha bisogno di essere “preparato” (cuit, che in francese ha una valenza più ampia del semplice “cotto”).5 In senso metaforico, a dover essere “preparata” è la pulsione incestuosa del padre di famiglia, in modo da poterla condividere sul piatto immacolato e scintillante dell’estetica pubblicitaria, un linguaggio che solitamente si concentra e si risolve nelle superfici. Touch of Crude invece attraverso giustapposizioni cromatiche e movimenti di macchina cerca la profondità, forse per affondarvi una pulsione contraria ai più atomici princìpi del vivere sociale e che perciò necessita di essere sublimata attraverso gli istinti creativi – ovvero questo stesso cortometraggio, che riduce il desiderio proibito al semplice sguardo e lo inscatola in nel corpicino kawaii di una pseudo-camera.
Piccola, misteriosa, latrice di strani suoni e ansie inconfessabili, l’entità di Touch of Crude assomiglia davvero molto al personaggio kafkiano Odradek. Allora forse ci gioverà ricordare che il titolo del racconto di Kafka è “La preoccupazione di un padre di famiglia.”
NOTE
1. Touch of Crude è reperibile a questo link: https://www.prada.com/it/it/pradasphere/special-projects/2022/touch-of-crude.html
2. W. Benjamin, Parigi, Capitale del XIX secolo: i passages di Parigi, Einaudi 1986, p. 124.
3. Il riferimento implicito allo specchio è il famoso assunto della teoria lacaniana: «L’assunzione giubilatoria della propria immagine speculare da parte di quell’essere ancora immerso nell’impotenza motrice e nella dipendenza dal nutrimento che è il bambino in questo stadio infans, ci sembra perciò manifestare in una situazione esemplare la matrice simbolica in cui l’io si precipita in una forma primordiale» (J. Lacan, Scritti, Fabbri 2007, p. 88). Per un’analisi più dettagliata del ruolo della bellezza in The Neon Demon mi permetto di rimandare al mio Nicolas Winding Refn. La vertigine del fato, Falsopiano 2022.
4. Si pensi in particolare ai fratelli Louis/Louise in Bleeder, alla famiglia di Julian in Solo Dio perdona, alla famiglia Carter in Too Old To Die Young.
5. C. Lévi-Strauss, Mythologiques I, Plon 1964. Si pensi anche alla disumanità di Polifemo, che mangia carne umana senza cuocerla, dettaglio non casuale.