Quattro thriller erotici che, in forme e misure diverse, hanno segnato l’immaginario postmoderno degli anni Ottanta e dei primi anni Novanta sono stati recentemente oggetto di remake in foggia seriale. Sotto l’egida di Paramount+, American Gigolo [id., Paul Schrader, 1980] e Attrazione fatale [Fatal Attraction, Adrian Lyne, 1987] sono stati adattati nelle omonime American Gigolo [id., creata da David Hollander, 2022] – cancellata dopo una sola stagione – e Attrazione fatale [Fatal Attraction, creata da Alexandra Cunningham e Kevin J. Hynes, 2023 – in corso]; Prime Video ha prodotto la miniserie Dead Ringers – Inseparabili [Dead Ringers, creata da Alice Birch, 2023] che aggiorna il capolavoro di David Cronenberg Inseparabili [Dead Ringers, 1988], a sua volta ispirato a un fatto di cronaca poi rielaborato nel romanzo Twins di Bari Wood e Jack Geasland; il modesto romanzo Il danno di Josephine Hurt, già portato sullo schermo da Louis Malle con l’omonimo Il danno [Damage, 1992], è stato trasposto nella miniserie Ossessione [Obsession, creata da Morgan Lloyd Malcom e Benji Walters, 2023], che batte invece la bandiera di Netflix.
Se è pretestuoso rintracciare qualsivoglia unitarietà d’intenti per i quattro film citati, anche per via di una certa prepotenza autoriale che filtra il genere attraverso lenti differenti (i principi dell’agire etico-spirituale di marca calvinista in Schrader, la filosofia delle mutazioni psichiche e somatiche in Cronenberg ecc.), è però innegabile che i loro rispettivi adattamenti possiedono delle caratteristiche in comune che cercheremo qui di prendere brevemente in considerazione.
Titoli di testa di Inseparabili di David Cronenberg.
Anzitutto, una constatazione puramente fattuale. Tutte e quattro le serie, infatti, amplificano (o aggiungono, quando assenti) gli elementi da mystery thriller – quasi da giallo tradizionale – che negli originali erano appena accennati. In tre casi (American Gigolo [d’ora in poi AG], Attrazione fatale [d’ora in poi AF] e Dead Ringers – Inseparabili [d’ora in poi DR]) ciò si traduce in una dialettica tra passato («eziogenesi» dell’atto delittuoso) e presente (cornice e momento dell’assicurazione del vero colpevole) che impregna la struttura di ogni episodio. Non è certo una semplice coincidenza o un dato irrilevante, perché introduce quello che è il comune denominatore di tutte queste operazioni: l’attribuzione di colpevolezza.
La dialettica tra passato e presente (e tra presenza e assenza) come forma di virtualizzazione della colpa: DR.
Colpevolizzazione che non riguarda solamente la responsabilità diretta dell’atto criminale, ma investe più in generale l’intera sfera della libido, del desiderio. Dell’eros. L’escort Julian Kaye (Joe Bernthal) di AG sembra quasi disinteressato a individuare chi un tempo lo incastrò per l’omicidio di una cliente, mentre preferisce inseguire un personale cammino espiatorio per redimere un passato da sex worker; le gemelle Elliot e Beverly Mantle (entrambe interpretate da Rachel Weisz)1 di DR sono protagoniste di un perverso triangolo amoroso paraincestuoso, segnato dai sensi di colpi provati dalla più timida Beverly per aver «tradito» la sorella con l’attrice Genevieve (Britne Oldford); l’avvocato Dan Gallagher (Joshua Jackson)2 di AF e il medico William Farrow (Richard Armitage) di Ossessione, con i tradimenti consumati ai danni delle loro consorti (rispettivamente Amanda Peet e Indira Varma), innescano involontariamente dei fatti di sangue di cui sono i responsabili morali e non materiali.
Esplicitazione del binomio colpa/punizione: Ossessione.
Pertanto, non è un caso che già dall’incipit queste serie mettano in scena un meccanismo puramente confessionale, legato quindi ai concetti di colpa e punizione: AG inizia con una detective (Rosie O’Donnell) che induce Julian a dichiararsi responsabile di un omicidio che in verità non ha commesso; AF si apre invece con il protagonista in procinto di deporre di fronte alla corte, accusato dell’assassinio dell’amante Alex (Lizzy Caplan); nella sequenza d’apertura di DR, Elliot rivolge uno sguardo in camera interpellando direttamente lo spettatore, invitato a essere contemporaneamente giudice e testimone.
Gli incipit confessionali di AF (sopra) e DR (sotto).
Diverso, invece, il caso di Ossessione, dove il protagonista (medico dalla brillante carriera politica nel romanzo, solamente politico nel film di Malle e solamente medico nella serie) supervisiona un parto gemellare, instaurando un legame (tanto casuale quanto curioso) con DR, le cui protagoniste sono gemelle ginecologhe impegnate in ricerche sperimentali sulla fertilità.
L’incipit di Ossessione.
In ogni caso, questa liturgia giallistica dai risvolti penitenziali sembra assolvere a uno scopo specifico, per quanto paradossale: quello di espropriare l’eros della sua forza eversiva e passionale e sottrargli centralità. Renderlo quasi un corpo estraneo, oggetto di un meccanismo fondato sul principio della rimozione. Tutto il contrario di una delle caratteristiche del thriller erotico contemporaneo individuata da Douglas Keesey, ovvero la «progressiva liberalizzazione […] che rende i personaggi liberi di cercare il piacere»3. A dimostrarlo con assoluta evidenza concorrono anche le scelte visive (fotografiche, scenografiche) che rinforzano la struttura narrativa: tutte e quattro le serie si fondano infatti sul contrasto tra scelte cromatico-luministiche calde per rappresentare i (pochi) momenti di tensione erotica e una palette decisamente fredda, amplificata da elementi di design nitidi e privi di ombre e da abbigliamenti tono su tono, che invece contraddistingue una quotidianità asettica.
Ambienti grigi e asettici: l’esempio di AG (sopra) e AF (sotto).
Nelle tre serie che si fondano su una struttura a flashback (AG, AF e in misura leggermente minore DR), la dialettica tra cromie calde e toni freddi rispecchia anche quella tra passato (caldo) e presente (freddo). L’eros, quindi, sembra esiliato in una dimensione che non appartiene alla normalità. Non importa che si manifesti con una carica dirompente (AF, Ossessione) o che possegga quelle caratteristiche che nel suo ormai famoso saggio4 Francesco Alberoni attribuiva all’eroe romantico dei romanzi rosa, ovvero «gelido e lontano» (è il caso di DR e AG): l’eros è inesorabilmente messo ai margini, devitalizzato, è fonte di possibile scandalo (sociale) ma mai di vera trasgressione. Nessuna mistica alla Bataille: persino il rapporto che esso instaura con la morte è da ascriversi a una logica punitiva, sia in senso giuridico che spirituale. Anche nella serie in cui l’erotismo è rappresentato con maggior voluttà predatoria, ovvero Ossessione, questo vitalismo esuberante diventa esplicitazione di un rapporto di potere tra servo e padrone. Fin da subito, i due protagonisti, l’inerte William e l’affascinante Anna Barton (Charlie Murphy), regolamentano i loro incontri come se partecipassero a un gioco di ruolo (nel romanzo, invece, ciò avveniva solo poco prima del tragico scioglimento). E se è vero, sempre con Bataille, che «la trasgressione è essa stessa soggetta a regole»5, è innegabile che qui «l’inestricabile associazione fra piacere sessuale e divieto»6 assume un carattere secondario rispetto, ancora una volta, a un desiderio di redenzione che passa attraverso il sacrificio, quasi come forma di autodistruzione. Fidanzata con il figlio (Rish Shah) del suo amante, Anna è infatti tormentata dal fantasma dell’incesto che portò al suicidio del fratello (rispetto alle altre serie, in Ossessione il trauma collocato nel passato non viene visualizzato) che assume quasi la dimensione tormentosa dell’agonia.
La messa in scena dell’Eros come pulsione di morte: AF
Una simile prospettiva sacrificale è comune anche alle altre serie: in particolare, in DR la timida e introversa Beverly decide per l’appunto di «sacrificarsi» e lasciarsi «sostituire» dalla più esuberante e geniale Elliot, i cui metodi eticamente controversi avevano suscitato scandalo e rischiato di compromettere il giro d’affari della loro nuova clinica avanguardistica.
E così vale tanto per la quieta accettazione del proprio destino da parte di Julian in AG, costretto a recedervi solamente quando a essere messo in pericolo è il figlio (Gabriel LaBelle) che ebbe in passato dal suo unico vero amore (Gretchen Mol), quanto per le tendenze autolesioniste di Alex in AF (come ustionarsi volontariamente la mano a contatto con il bollitore).
Forse non è un caso che in tutte le serie abbia un ruolo di primo piano l’acqua. Non solo come sfondo scenografico o teatro dell’azione (l’omicidio della cognata etilista [Jessica Harper] di Dan per mano di Alex avviene proprio in una piscina), ma come vero e proprio elemento simbolico che rimanda non solo al desiderio di rinascita (tema centrale sia in tutte e quattro le serie e – come visto – tematizzato esplicitamente da Ossessione e da DR) ma anche al rito stesso della purificazione. Sancendo ancora una volta l’onnipresenza radicale di una colpa da espiare, come se la soddisfazione degli appetiti carnali non fosse più una forma di liberazione ma – secondo uno strano percorso regressivo – un divieto da rispettare o un tabù da scongiurare.
Tralasciando qualsiasi ozioso paragone di valore, è proprio qui che risiede la distanza maggiore tra i quattro remake e i loro originali. Perché in Cronenberg come in Lyne, in Schrader come in Malle, l’erotismo non si poneva in discontinuità (per ricorrere ancora alla terminologia alberoniana) rispetto all’insieme. Al contrario, tutto quanto, a partire dalle superfici e dagli spazi, era sottoposto a processi7 di erotizzazione. Persino gli oggetti (abiti, macchine, arredi): tant’è che una delle formule sovente accostate al thriller erotico postmoderno è quella un po’ trita del sex appeal dell’inorganico.
Al contrario, nelle quattro serie nulla – nemmeno i corpi – sembra più trattenere alcuna carica, alcuna tensione, alcuna potenza sessuale. L’eros è asfittico, più uno strumento di manipolazione (esemplare a tal proposito il rapporto tra Julian e la sua sensale Isabelle [Lizzie Brocheré] in AG] che di vero appagamento. Tanto che a non essere soddisfatte sono anche le promesse peccaminose e ardenti che tutto l’apparato discorsivo e paratestuale (dai trailer al battage) rivolgeva allo spettatore.
L’eros come strumento di manipolazione, dominio e rispecchiamento d’identità dimidiate: il rapporto tra Juliane e Isabelle in AG.
Difficile individuare con precisione le ragioni di questa rappresentazione «antierotica» della sessualità: c’è chi le ascriverà all’ipocrisia di un neopuritanesimo fintamente laico, chi ai limiti prescritti dalla committenza, chi a un meccanismo autocensorio che impone un eccesso di pruderie, chi alla crisi di un genere che non trova più interlocutori disposti ad accettare che il gioco vada fino in fondo e invece desiderosi di aderire a quel modello della catarsi che – come dice Jay Bolter8 – rimane ancora oggi un paradigma narrativo ineludibile, chi ancora le imputerà all’eccesso di immagini erotiche che popola la contemporaneità mediale. E si potrebbe andare avanti ancora.
Per trovare una risposta definitiva bisognerà tuttavia aspettare l’evoluzione di un genere che, pur con cautele e titubanze, sta sempre più infiltrandosi trasversalmente sul mercato, in particolare streaming e on demand. Ciò che conta certificare, però, è come l’eros rischi di non essere più, come un tempo, strumento di affrancamento, di scoperta di sé o di affermazione identitaria (anche a costo di trovarsi poi inghiottiti dal rigurgito delle barriere sociali e del buonsenso) quanto, al contrario, una specie di lacerazione implosa, una banale forma di evasione dal consorzio civile. Caratteristiche, queste ultime, che si trovano in tutte le serie prese in esame, solo raramente capaci di mostrare l’inquietudine e l’irrequietezza che trasforma la rappresentazione dell’erotismo in una vera forma di ricerca interiore (ci provano, a volte riuscendoci, DR e Ossessione). Come succedeva in quelle opere che – ed è il caso dei quattro film originali – hanno contribuito a rendere grande la tradizione del thriller erotico.
NOTE
1. Il genderswap, ovvero il cambiamento dell’identità di genere di alcuni personaggi, è una costante che non si trova solo all’interno del thriller erotico ma in buona parte del cinema contemporaneo. Non sarà oggetto della nostra trattazione, ma è doveroso sottolineare come il cambiamento del sesso del personaggio che nell’originale era interpretato da Jeremy Irons acuisa il contrasto tra desiderio di procreazione (Eros e quindi Vita) e condanna alla sterilità (Morte).
2. Escluso il caso di DR, non si può tacere come le scelte di casting si rivelino spesso penalizzanti. Joe Bernthal non è minimamente paragonabile a Richard Gere, Joshua Jackson e Lizzy Caplan non tengono certamente il passo di Michael Douglas e Glenn Close, mentre Richard Armitage non ha nessuna carta per competere con Jeremy Irons.
3. D. Keesey, Contemporary Erotic Cinema, Kamera Books, Harpenden, Hearts, 2012
4. F. Alberoni, L’erotismo, Rizzoli, Milano, 2009
5. G. Bataille, L’erotismo, Mondadori, Milano, 1969
6. Ibidem.
7. Per approfondire vedi A. Libera, Hard/core: di corpi e uomini, superfici e spazi nel cinema di Paul Schrader, in Lo Specchio Scuro – Rivista online di cinema e altre arti audiovisive, 20 maggio 2016:
https://specchioscuro.it/hardcore-corpi-uomini-spazi-superfici-nel-cinema-paul-schrader/
8. cfr. J. Bolter, Plenitudine digitale. Il declino delle culture di élite e l’ascesa dei media digitali, Minimum Fax, Roma, 2020