Proprio quand’ero preoccupato che il ciclo narrativo incentrato sul personaggio di una donna sola in pericolo fosse arrivato alla sua conclusione, ecco che arriva su HBO Plus KIMI [id., 2022] di Steven Soderbergh. Dopo il bel No Sudden Move [id., 2021] dell’anno scorso, KIMI ci mostra come un’ingegnosa sceneggiatura (ad opera di David Koepp), una regia raffinata, una colonna sonora imprevedibile e un’interpretazione originale e accattivante (di Zoë Kravitz) possano far rivivere alcune convenzioni classiche.

Alcuni critici pensano che un genere sia in declino quando vengono realizzate delle parodie. L’uscita in streaming di La donna nella casa di fronte alla ragazza dalla finestra [The Woman in the House Across the Street from the Girl in the Window, creata da Rachel Ramras, Hugh Davidson e Larry Dorf, 2022] può suggerire che il ciclo iniziato con La ragazza del treno [The Girl on the Train, Tate Taylor, 2016] e La donna alla finestra [The Woman in the Window, Joe Wright, 2021] abbia fatto il suo corso. In realtà le parodie possono apparire in qualsiasi momento del ciclo di vita di un genere. The Great K & A Train Robbery [id., 1925] non ha fatto fuori il western e Balle spaziali [Spaceballs, Mel Brooks, 1987] non ha spazzato via la space opera. Dunque è bene sapere che la presenza di La donna nella casa di fronte alla ragazza dalla finestra non rende un film semplice ma raffinato come KIMI meno originale.

Il film si basa su un espediente di storytelling che ho chiamato Eyewitness Plot e che ho cercato di mostrare, in Reinventing Hollywood: How 1940s Filmmakers Changed Movie Storytelling (2017), come sia il risultato dell’intensa attività creativa alla base del cinema degli studios degli anni 40. Nell’Eyewitness Plot il protagonista vede quello che potrebbe essere un reato e chiede alle autorità di intervenire. Vi è abbastanza incertezza sull’evento stesso e sull’affidabilità del testimone da far dubitare alla polizia che ci sia stato un crimine. Quindi il protagonista deve indagare, trasformandosi a sua volta in una possibile vittima. La finestra sul cortile [Rear Window, Alfred Hitchcock, 1954] è l’esempio più noto, ma ha molti antecedenti nella narrativa, nei film e nella radio, in particolare La finestra socchiusa [The Window, Ted Tezlaff, 1949]. Una variante dell’Eyewitness Plot si basa non sulla vista ma sull’udito: il protagonista sente qualcosa che potrebbe riguardare un crimine che è stato commesso. Troviamo tale variante in Il terrore corre sul filo [Sorry, Wrong Number, Anatole Litvak, 1948] e, successivamente, La conversazione [The Conversation, Francis Ford Coppola, 1974] e Blow Out [id., Brian De Palma, 1981].

Koepp e Soderbergh, entrambi raffinati conoscitori della Hollywood classica, sanno ogni cosa a proposito della tensione che si crea quando si costringe lo spettatore a vivere la storia narrata nei panni di un testimone, tenendolo a conoscenza del contesto più ampio di quel che sta accadendo. La finestra sul cortile è eccezionalmente rigoroso nel costringere lo spettatore a vedere e sentire solo ciò che il protagonista del film, Jeff (James Stewart), vede e sente, ma anche nel film di Hitchcock vi è un momento rivelatore in cui ci vengono fornite delle informazioni che sembrerebbero contraddire la convinzione che il suo vicino abbia ucciso la moglie. Più comune è una narrazione equilibrata che ci lega a ciò che il protagonista sa, ma occasionalmente si allontana per fornire retroscena e informazioni ancillari – solitamente, quel tanto che basta per favorire la suspense.

Per il momento, questa è la contestualizzazione. Seguono importanti spoiler.

Guardare e ascoltare

Angela Childs vive in isolamento. Non soltanto la pandemia, ma un episodio di molestia sessuale l’ha resa terrorizzata al solo pensiero di lasciare il suo loft di Seattle e più sostanzialmente resistente al contatto emotivo. Lavora da casa per Amygdala, un’azienda tech che promuove un gadget à la Alexa/Siri chiamato Kimi. A differenza dei competitors, che si basano sul machine learning, Amygdala ha un esercito di supervisori che tracciano i dialoghi degli utenti reali con Kimi al fine di correggere i suoi errori. Angela è un supervisore, e in una registrazione sente, attutito da musica e rumore, quello che sembra essere un crimine. Dopo aver ripulito una fitta registrazione e aver indotto un hacker più esperto a trovare l’intero registro delle conversazioni di Kimi dell’utente, Angela ne scopre una che sembra rivelare un omicidio.

Nel film la riluttanza di un ufficiale della polizia a credere al testimone – come si è già detto, si tratta di una convenzione dell’Eyewitness Plot – si trasforma nella richiesta di un dirigente di Amygdala di ascoltare la registrazione. Quando Angela insiste affinché l’FBI sia presente per la riproduzione della registrazione, l’azienda prende provvedimenti per metterla a tacere. La seconda parte del film consiste in un inseguimento prolungato e in un confronto finale con gli uomini che hanno commesso il crimine.

La sequenza d’apertura di KIMI stabilisce uno dei principi strutturali del film, ovvero l’alternanza tra il punto di vista limitato di Angela e una prospettiva più ampia che ci mette a conoscenza a proposito delle circostanze del crimine. La prima sequenza di KIMI mostra Bradley Hasling in attesa dell’IPO di Amygdala, preoccupato perché sta pagando qualcuno per cancellare delle informazioni su una donna senza nome.

Dopo aver catturato la nostra attenzione, il film ci presenta Angela e la sua routine. Senza la scena d’apertura, questo segmento riguarderebbe principalmente la presentazione del personaggio di Kravitz, ma lo spettatore non può fare a meno di chiedersi in che modo il destino di Angela si incrocerà con quello di Hasling. Le immagini successive in cui vediamo Angela che rifà il letto, si lava i denti e fa esercizio in bicicletta servono anche a illustrare come Kimi venga usato per la musica e per accedere al computer.

Altrettanto importanti sono le inquadrature soggettive che mostrano Angela alla sua finestra mentre osserva la strada. Guarda una famiglia nell’edificio di fronte, poi guarda in alto e alla sua sinistra, dove vede un uomo con la barba che scopriremo chiamarsi Kevin. Lui ricambia lo sguardo.

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kimi hitchcock

Rivolge lo sguardo verso un’altra finestra di fronte e vede una tenda chiusa.

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kimi soderbergh

Più tardi sul balcone Angela guarda la finestra e questa volta vede Terry, il suo amante occasionale, che si prepara per il lavoro.

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kimi soderbergh

Angela scrive a Terry e gli chiede se vuole unirsi a lei per una colazione al chiosco ambulante lì sotto.

kimi zoe kravitz

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Tuttavia, Angela ha paura di lasciare l’appartamento. La sua irrequietezza è resa attraverso una serie di soggettive conflittuali. Dopo una ripresa di lei sotto la doccia, vediamo Terry al camion, dal suo solito punto di osservazione. Ma non c’è un’inquadratura introduttiva che ci mostri Angela mentre sta guardando; la donna ha guardato fuori campo dopo aver finito la doccia o il film ha funzionato facendo a meno di lei, ricordandoci nello stesso tempo la sua posizione abituale?

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kimi soggettiva

Alla fine, quando Angela crolla sul pavimento, incapace di andarsene, si ha la stessa inquadratura con un’angolazione dall’alto di Terry al camion, che le sta scrivendo. L’uomo rivolge lo sguardo verso la macchina da presa.

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Torniamo su Angela. Il film ora prosegue indipendentemente dal suo punto di vista, pur mantenendo l’uso delle soggettive.

Tale novità appare evidente quando la donna torna alla finestra. Angela guarda in basso e il film ci mostra una soggettiva del chiosco ambulante, senza Terry.

kimi zoe kravitz

kimi la finestra sul cortile

Segue un’altra oggettiva su Angela, ma quando la donna si allontana dalla finestra, il film ce la mostra da un nuovo punto di osservazione: dall’esterno e dall’alto. È una buona approssimazione di quale potrebbe essere il punto di vista di Kevin su di lei. Ciò nonostante non c’è nessuna inquadratura che ce lo mostri mentre guarda.

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Le “soggettive senza soggetto” che chiudono questa scena sottolineano che per quanto possiamo essere legati alle percezioni della protagonista, il film non ci limiterà a esse: c’è modo di fornire informazioni ulteriori e di insinuare il dubbio che la nostra eroina sia osservata da altri personaggi. Questo punto di vista “fluttuante” della macchina da presa sarà importante nel climax del film.

Fuggire e combattere

L’alternanza di punti di vista esterni e di soggettive prosegue nel resto del film con modalità diverse. Quando Angela riproduce le registrazioni dell’omicidio, Soderbergh ci fornisce le sue immagini mentali, prima come frammenti sfocati, poi come sovrimpressioni. Angela sta immaginando il crimine. Più tardi scopriremo che è stata lei stessa una vittima di una molestia sessuale.

kimi recensione

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In seguito scopriremo che i volti degli assassini sono quelli dei criminali che la inseguiranno. Eppure Angela non li ha ancora visti, quindi non può visualizzarli plausibilmente nella scena.

Questa è un’innovazione, credo. Negli anni 40 e da allora, se queste immagini avessero accompagnato la riproduzione nel flashback, i volti degli assassini sarebbero stati indistinguibili. Soderbergh è disposto a violare la plausibilità per una questione di economia narrativa (così facendo ci presenta i criminali) e per portare avanti la sua strategia iniziale di trasmettere allo spettatore l’esperienza soggettiva di Angela aggiungendo ulteriori informazioni.

Una versione meno evidente di questa strategia verrà utilizzata nel climax, dopo che Angela viene catturata e giace semi-incosciente nel furgone. La vediamo sveglia e ascoltare il dialogo dei criminali, mentre le sovrimpressioni mostrano il passaggio del furgone attraverso il quartiere.

kimi soderbergh

Per inciso, questi sono ottimi esempi di scene che mostrano la persistenza di tecniche cinematografiche “impressioniste” dell’era del cinema muto. Soderbergh ne aveva fatto uso in Unsane [id., 2018], un altro film su una donna in pericolo.

unsane soderbergh

A parte il prologo che mostra la telefonata di Hasling, la prima parte del film è ambientata esclusivamente nel loft di Angela. Si tratta di una classica situazione di confinamento, una premessa che piace a Koepp (cfr. la sua sceneggiatura per Panic Room [id., David Fincher, 2002]). È l’empatia di Angela per la vittima del crimine che la spinge fuori dalla sua bolla. Qui l’interpretazione di Zoë Kravitz assume una nuova dimensione.

Nel suo loft è sbrigativa e brusca, dominando tutti coloro con cui parla. La sua vulnerabilità, tuttavia, viene suggerita attraverso la sua ossessione per l’igienizzazione delle mani, un’azione che compie con una gestualità particolare, meccanica e ripetitiva – di fatto un tic nervoso.

kimi zoe kravitz

Una volta fuori dal suo loft, Angela si allontana di corsa, le braccia serrate lungo i fianchi, la testa sepolta nella felpa con cappuccio e il corpo rigido come quello di Max Schreck. Angela cerca di replicare all’aperto la situazione di confinamento del suo loft. 

kimi recensione

Soderberg compensa la rigidità di Angela con uno stile di ripresa che finalmente può sfruttare il fatto che la cinepresa non sia più confinata nel suo loft. Come sottolinea Manohla Dargis nella sua recensione, ora il film accumula con grande libertà una serie di angoli inclinati e di sfreccianti movimenti di cinepresa, che piombano su Angela cercando di tenere il suo passo.

kimi steven soderbergh

kimi recensione

Una volta tornati nel loft, però, lo stile di ripresa torna bilanciato e siamo sottoposti a un preciso esercizio di suspense. Primi piani e bruschi cambi di angolazione forniscono esattamente ciò che abbiamo bisogno di vedere in ogni istante.

kimi recensione

kimi

Ciò che non ci era stato detto all’inizio del film, in particolare la conoscenza di Angela dell’edificio in cui vive, diventa cruciale per la sua sopravvivenza. Kimi le salverà la vita, a dimostrazione della validità di quanto detto da Hitchcock sull’uso del flash della macchina fotografica da parte di Jeff nel finale de La finestra sul cortile: è importante servirsi di tutti gli elementi della scena legati ai personaggi e ai luoghi.

Il finale di KIMI va ricordato anche per una felice deviazione dalle convenzioni: ci si potrebbe aspettare che Terry si riveli il “maschio aiutante” (helper male) di così tante trame di donne in pericolo (ad esempio, il personaggio di Joseph Cotten in Angoscia [Gaslight, George Cukor, 1944]). Prototipicamente, questo personaggio salva la protagonista e le prospetta un futuro romantico. La sceneggiatura di Koepp prepara abilmente Terry per questo ruolo quando Angela guarda fuori durante l’attacco della banda di criminali e vede l’appartamento di Terry vuoto.

kimi soderbergh

kimi la finestra sul cortile

Più tardi Terry viene mostrato con un’inquadratura oggettiva, con la macchina da presa posta per strada, mentre cammina verso l’edificio di Angela. Questa scena, che a differenza delle altre del film non è costruita attraverso l’uso delle soggettive, dovrebbe preannunciare un salvataggio imminente. Ma questa possibilità narrativa viene cancellata quando Terry si ferma come se si fosse ricordato di qualcosa e torna indietro.

kimi recensione

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Alla fine Terry arriva, ma è troppo tardi per aiutare. L’espressione di Terry mentre Angela chiama il 911 è la perfetta chiusura della scena. L’epilogo è altrettanto brillante: il film suggerisce che Angela è evasa dal suo guscio, ciò nonostante la vediamo usare ancora prudentemente un disinfettante.

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kimi zoe kravitz

Il thriller domestico di suspense incentrato su una protagonista femminile rimane un genere popolare di romanzi. Gli ho dedicato un capitolo nel mio prossimo libro Perplexing Plots: Popular Storytelling and the Poetics of Murder. Non ci sono stati molti adattamenti cinematografici di thriller domestici dopo La donna alla finestra, ma forse la miniserie neo-gotica The Girl Before [id., 2021] ne cambierà le cose. Nel frattempo, sono contento che Koepp e Soderbergh abbiano trovato il modo di dare nuova vita alle convenzioni.

Postille

David Koepp osserva: «Hai ragione sull’influenza del cinema degli anni 40, come tu e io abbiamo discusso molte volte. Direi che Il terrore corre sul filo era l’antecedente diretto qui. . . Voglio dire, la linea telefonica comune in Il terrore corre sul filo è fondamentalmente l’Alexa del suo tempo, no?»

L’osservazione di Hitchcock cui ho fatto riferimento nel corpo del testo è questa: «Qui abbiamo un fotografo, così guarda dall’altra parte del cortile con i suoi strumenti di fotografo e quando deve difendersi lo fa con gli strumenti del fotografo, i flash. Per me, è essenziale servirsi sempre degli strumenti legati ai personaggi e ai luoghi e sento che trascuro qualcosa se non me ne servo» (F. Truffaut, Il cinema secondo Hitchcock, il Saggiatore, Milano 2014, p. 184).

Traduzione italiana dell’articolo (originariamente apparso in inglese su http://www.davidbordwell.net/blog/2022/02/20/kimi-shes-here/) a cura di Alessio Ragazzo.