La metamorfosi del bruco, attraverso la crisalide e nella farfalla provoca un profondo malessere: è ancora lo stesso bruco dopo questo lungo sonno? si riconosce in queste ali brillanti?
Simone De Beauvoir1

È un film che evoca sensazioni attraverso ciò che si vede e si sente piuttosto che con ciò che si dice o accade.
Lucile Hadzihalilovic2

 

 

Terzo film della regista francese Lucile Hadzihalilovic, già nota grazie alla collaborazione3 con il marito e regista Gaspar Noé (Irreversible [IRRÉVERSIBLE, 2002], Enter the Void [ENTER THE VOID, 2009], Love [LOVE, 2015]) in opere come il cortometraggio Carne [id., 1991] e il successivo Seul contre tous [id., 1998], Innocence riadatta cinematograficamente l’opera letteraria Mine-Haha or Physical Education of Young Girls (1903) dello scrittore tedesco Frank Wedekind – tale testo letterario è stato oggetto nel 2005 di un’ulteriore trasposizione su schermo L’educazione fisica delle fanciulle [The Fine Art of Love: Mine Ha-Ha, 2005], firmata dal regista inglese John Irvin.4
L’incipit di Innocence, costruito attraverso un montaggio frammentato, si presenta con un movimento di macchina che procede dal cadre bucolico esterno per introdursi progressivamente negli spazi interni della casa. Sin dal principio si registra pertanto l’importanza della scelta di un tipo ambientazione aliena al territorio circostante, a cui la regista ricorre anche nel suo ultimo lavoro Evolution [id., 2015], con lo scopo di creare un clima di tensione e suspense. Ma non solo: il set bucolico evoca anche un’atmosfera di protezione. Tant’è che nell’intervista rilasciata per la rivista cinematografica Sight & Sound a proposito del suo ultimo film, alla domanda dell’intervistatore Nick Bradshaw, «E anche questi scenari metaforici altamente isolati dove qualcosa di strano sta accadendo provengono dalla tua educazione?», la regista francese risponde: «Ho avuto un’infanzia abbastanza protetta […] così forse i film riflettono la sensazione di essere protetti come anche isolati in un luogo naturale che si tratti del mare o di una foresta».5 Inoltre, l’overture del film della Hadzihalilovic gode di grande importanza anche per un altro motivo: essa denota la rilevanza dell’aspetto visivo per il film, evidente nella rappresentazione della natura delle inquadrature iniziali. Afferma la regista: «È stato quindi molto importante lavorare sugli aspetti visivi, per renderlo affascinante abbastanza, per trasformare lo scenario in un personaggio, per rendere il posto realmente esistente e attraente per lo spettatore».6

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Il film di Hadzihalilovic, costituito da inquadrature girate in Super 16 mm – con un aspect ratio che consente di contenere più elementi del profilmico alla volta –, esibisce una fitta rete di influenze proprio a partire dall’ ambientazione: Innocence si svolge in una villa sperduta nel bosco, isolata dal mondo esterno al pari della grande casa della pellicola australiana Picnic ad Hanging Rock [Picnic at Hanging Rock, 1975] di Peter Weir e fatta di cunicoli e passaggi segreti, facendo eco in questo anche alla casa escheriana di Suspiria (1977) del cineasta italiano Dario Argento, tra gli autori prediletti della regista.

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Sopra: inquadratura-esempio di set-nel-set tratta da Suspiria (1977). Afferma la regista in un’intervista a Daniel Graham: «[…] da ragazza, ho scoperto il cinema attraverso i film horror [ndr: p.e. Les Yeux sans visage [Occhi senza volto, 1960] di Georges Franju], in particolare i film horror italiani, e Dario Argento. Ciò che mi piaceva molto nei suoi film era la loro qualità visiva, il loro erotismo, insieme al forte senso del pericolo. […].»7
Sotto: Picnic ad Hanging Rock. Una prima analogia tra la pellicola francese e quella dell’australiano regista è il dinamismo della mdp, secondo uno schema di movimento che va dall’esterno all’interno, e viceversa.

Innocence può esser considerato alla stregua di un racconto di formazione: il film presenta il percorso di crescita delle bambine presentate nella sequenza iniziale, direzionando l’attenzione dello spettatore sullo sguardo di tre di loro, Iris (Zoé Auclair) di sei anni, Alice (Lea Bridarolli) di dieci e Bianca (Bérangère Haubruge) di dodici. Di fatto il film mette in immagini tre diverse fasi della crescita, distaccandosi dal romanzo di Wedekind a cui s’ ispira: quest’ultimo, infatti, è narrato in prima persona e adotta un unico punto di vista. Il film della Hadzihalilovic, pertanto, verte sulla rappresentazione di quel processo didattico-pedagogico necessario per raggiungere un certo grado di maturazione che prepara alla fase adolescenziale. Alle bambine, di età compresa tra i sei e i dodici anni, viene impartita un’educazione attraverso regole e insegnamenti come il nuoto, la biologia e la danza: contrassegnate da un fiocco di diverso colore in base all’età – il fiocco viola indica le bambine d’età maggiore, vicine alla pubertà, il fiocco rosso quelle d’età inferiore –, sono riunite in gruppo sotto la supervisione di due insegnanti  Mademoiselle Eva e Mademoiselle Edith, interpretate rispettivamente da Marion Cotillard e Hélène de Fougerolles. Dice Hadzihalilovic a proposito di quest’ultime: «Una di loro zoppica e l’altra sembra molto infelice. Questo crea una discrepanza che mantiene vivo il mistero e conserva un tipo di confusione sessuale che mi piace.»8

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«Abbiamo cercato giovani bambine con nessuna precedente esperienza nel cinema…da una parte, volevo delle bambine per la loro natura spontanea…dall’altra, ho stabilito molti limiti. L’inquadratura era generalmente fissa, così sono state appositamente poste all’interno dell’inquadratura per seguirle con la macchina da presa. La messa in scena era limitata all’inquadratura. Loro stavano nell’inquadratura, in più erano vestite e pettinate, così queste cose naturalmente impedivano di essere loro stesse. Eppure all’interno di questi vincoli ho cercato di lasciarle abbastanza libere, di dar loro dialoghi il più brevi possibile.».9

Un fondamentale nodo tematico attorno cui Innocence fa perno è rappresentato dalla dicotomia tra realtà e fantasia: la soglia tra le due è tracciata dall’elemento della bara. Evocando la pittura surrealista di Magritte [“Prospettiva I: “Perspective I: Madame Récamier de (o di) David“(1951), “Perspective II, Il balcone di Manet” (1950)], tra i principali referenti pittorici – citando fedelmente la regista lionese, “sia per i colori che per le tematiche visive ho avuto due riferimenti pittorici in testa: i Simbolisti (in particolare belgi) e Magritte”10 –, la bara irrompe nelle sequenze iniziali del film, anticipando la consustanziale natura claustrofobica delle immagini, denotata anche dalla scelta della regista di non filmare mai il cielo.

lucile hadzihalilovic

Scena tratta dalla già citata intervista di Graham.

Inoltre, la provenienza ignota della bara conferisce alla pellicola francese un alone di mistero che s’affianca all’aura fantastica – «È questo sentimento di “quasi reale solo un po’ eccentrico” che mi piace»11–, che richiama opere cinematografiche quali Lo spirito dell’alveare [El spiritu de la colmena, 1973] di Vìctor Erice e il cinema di David Lynch (in particolare Eraserhead – La mente che cancella, [Eraserhead, 1977]) e rimarca l’afferenza tematica di Innocence alla sopracitata pellicola dell’australiano Weir, Picnic ad Hanging Rock. Infatti nella pellicola weiriana, fondamentale è l’attraversamento del cancello da parte di Miranda, il quale si fa metafora del limite tra realtà e dimensione arcana: come scrive Tiziana Battaglia, «oltrepassato quel cancello finisce il viaggio alla Roccia e inizia il viaggio di Miranda e quello dello spettatore sulla Roccia, simbolo di antico sapere, in un mondo misterioso, in un universo senza tempo»12. Scoperchiata la bara inizia il viaggio (di formazione) della bambina-matricola Iris, e con lei anche quello di chi guarda: è come se il senso di estraneità provato da Iris – «Cos’è questo posto?» è la prima domanda che pone –  sia totalmente simbiotico a quello di spaesamento che lo spettatore percepisce alla vista di quella bara, ch’è pur tuttavia priva di un qualsivoglia significato allegorico – «molte persone mi chiedono “perché Iris arriva in una bara?“perché no?”»13

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La funzionalità della bara appare analoga a quella dello specchio di “Attraverso lo specchio” (1871) di Lewis Carroll: introdurre in una realtà altra. Tuttavia, mentre quella del libro carrolliano è deformata e percettivamente alterata –“Prima di tutto, v’è la stanza che si vede attraverso lo Specchio: è precisa come il salotto dove stiamo; però tutte le cose son messe alla rovescia14 –, nel film di Hadzihalilovic la realtà a cui le nuove arrivate approdano, rappresenta una realtà mediale, di passaggio, che prepara ad una fase di progressivo sviluppo.

La bipartizione realtà-fantasia è ulteriormente marcata dalla schisi che si determina tra le tinte squisitamente fantastiche che innervano in maniera subliminale la pellicola (dettate anche dalla scelta di girare le scene notturne durante il giorno, cosa che secondo la regista avrebbe valorizzato l’aspetto onirico dell’immagine) e il naturalismo dell’illuminazione, affidata a Benoît Debie15, che ha curato la fotografia de Il cartaio [Card player, 2004] di Dario Argento e intrattiene tuttora un forte sodalizio con Gaspar Noé. A tal proposito, dichiara Hadzihalilovic: «Per controbilanciare gli elementi onirici, ho voluto che la luce fosse il più realistica possibile. Oltre alla scene del teatro che per ovvie ragione hanno illuminazioni sofisticate, ci siamo limitati alla luce del giorno o a fonti di luce interne all’inquadratura, senza utilizzare un unico riflettore».16
Oltre che nell’apparato fotografico, l’impronta realistica si rispecchia ancor più nella naturalità della componente musicale: eccettuate poche scene, come l’incipit e le lezioni di danza, accompagnate da pezzi di musica classica (p.e. Leóš Janáček), il resto del film è sonorizzato dai soli suoni della natura o dai suoni interni alla casa, atti ad amplificare l’atmosfera misteriosa che adombra il film. Asserisce la regista: «il suono del treno che viaggia al di sotto della scuola e il rumore di una cascata che scorre e di una fontana evidenziano sia l’atmosfera drammatica che il mistero. Con la troupe del suono, abbiamo cercato di comporre un tipo di partitura musicale e drammatica contenente un numero di leitmotivs (gli orologi, l’acqua, il treno, le lampade, gli insetti)»17.

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Sopra: scena tratta da Innocence
Nel centro: scena tratta da Picnic ad Hanging Rock
Sotto: Nectar.

Ritornando al confronto tra Innocence e il film di Weir citato in esergo, dalla folta vegetazione di suggestioni comuni emergono in particolare: la scelta di sole figure femminili protagoniste – «[…] è un cast quasi esclusivamente femminile, e stabilito in un collegio femminile, le donne si identificano più facilmente con il film, ma penso ci siano forti legami tra l’ infanzia e l’ immaginazione, e la sensazione da favola per il film esplora la memoria in un modo che spero tutti gli spettatori comprendano» (Hadzihalilovic, http://www.filmwaves.co.uk/index.php?option=com_content&view=article&id=65:interview-with-lucille-hadzihalilovic&catid=15:filmwaves-28&Itemid=2 ) -, la collocazione delle ragazze in una casa dispersa nel bush – «un territorio molto vario, ma nell’immaginario collettivo e cinematografico è quasi ed esclusivamente visto come deserto»18 – e l’attenzione degli autori all’educazione delle giovani donne. Si badi bene però che il legame tra Innocence e il testo cinematografico australiano risulta ancor più profondo per uno dei principali attrattori tematici che caratterizzano la pellicola francese: la sessualità. Si spiega in tal modo anche il referente letterario del film, poiché lo stesso Wedekind si occupò già nel suo lavoro teatrale Risveglio di primavera [Frühlingserwachen, 1891] della repressione sessuale in età adolescenziale – che si unisce ai temi dell’infanzia e dell’innocenza profusamente trattati nell’opera cinematografica francese.
Tale tematica, che era già stata affrontata da Hadzhialilovic nel capo d’opera della sua filmografia «artisticamente diretto»19 da Gaspar Noè, La bouche de Jean-Pierre [id., 1996] – in cui però era maggiormente accentuato l’aspetto morboso della sfera sessuale –, emerge soprattutto in due scene che si fanno paradigma del cotè erotico di Innocence: quella in cui Bianca è distesa sul letto e con un guanto si accarezza delicatamente le gambe, e la sequenza in cui la bambina si guarda nuda allo specchio.

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Altra topica caratterizzante Innocence – cui s’accennava all’inizio dell’analisi – è designata dall’annullamento del contatto con l’ambiente esterno che, oltre alle prime inquadrature, si ripropone anche nel corpo centrale del testo cinematografico: la grande casa sperduta nel parco è cinta da alte mura – il parco e la recinzione ritorneranno nel successivo lavoro della regista, il cortometraggio Nectar [id., 2014] –, da cui le bambine non possono scappare senza incorrere in conseguenti punizioni: 

Vorresti lasciare il campo? Conosci la punizione per questo? Devi rimanere qui per sempre e lavorare per le ragazze.
Dialogo tratto da Innocence.

Risulta di estremo interesse, a tal proposito, la certosina esegesi di Innocence da parte di Julie Anterrieu per il forum Filmdeculte,  in cui si assimilano al film alcuni concetti chiave dell’opera del filosofo e saggista francese Michel Foucault Sorvegliare e punire (1975): ad esempio, la pratica di attività di controllo disciplinare o la maturazione del corpo che cambia, in particolare prendendo in esame il capitolo Parte terza. Disciplina. Ci si concentra sulla sezione L’organizzazione delle genesi, in cui si esamina l’evoluzione del corpo nel corso del tempo; il critico scrive: «Ce dernier est d’abord divisé en segments successifs ayant chacun une durée déterminée (cf. l’apprentissage par classes d’âge) au terme de laquelle l’individu passe un palier généralement matérialisé par une épreuve spécifique (cf. la représentation devant la directrice pour les rubans bleus). Les filières ainsi obtenues sont organisées selon un schéma analytique, une complexification croissante des tâches à accomplir en passant d’une série temporelle à l’autre. De plus, afin d’obtenir cet accroissement des capacités, Foucault explique que les tâches demandées doivent être des “exercices” qu’il définit comme une “technique par laquelle on impose aux corps des tâches à la fois répétitives et différentes, mais toujours graduées” (cf. les enchaînements de danse). Tout ceci permet donc de contrôler le niveau des individus qui sert ainsi d’outil identificatoire.»20
Quando la contaminazione del mondo esterno diviene incombente, si genera un sentimento di estraneità e paura: nel film si evince soprattutto nella scena del balletto in teatro quando Nadia, venuta a conoscenza della presenza di spettatori che assisteranno allo spettacolo, tenta di scappare via.

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Nadia: “Cos’è questo rumore?”
Madamoiselle Eva: “Aprire le tende è severamente vietato”
Nadia: “Cos’è?”
Eva: “Il pubblico”
“Il pubblico?”, ripete Nadia un po’ stordita e spaventata cerca di scappare via.
Nadia viene bloccata dalla cameriera: “Dove vorresti scappare?”
Nadia: “Lasciami andare”.

Le sequenze finali di Innocence denotano un dato rilevante: l’immagine si spoglia della sua natura claustrofobica, cui sopra ci si riferiva.  Ciò si evince dal fatto che alla fine del soggiorno di formazione all’interno della scuola, le bambine che come Bianca hanno raggiunto la pubertà, sciolti i nastri viola dai capelli, lasciano la villa in treno e arrivano in una piscina dove incontrano dei ragazzi: salpano verso una nuova età della vita.

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Il corpo terminale del film accoglie due componenti preminenti: la presenza dell’acqua e l’avvicinamento all’altro.
Nel caso del primo costituente, che secondo una struttura ad anello dilaga dalle prime alle ultimissime inquadrature, esso manifesta la relazione intima che la regista condivide con la natura sottolineando allo stesso tempo la dimensione autobiografica del film: «Questa connessione alla natura durante l’infanzia è molto importante per me, e davvero formativa. Impariamo un bel legame con la natura. Inoltre, il legame molto sensuale con la natura era interessante, credo si sia manifestato nel film con l’acqua»21.
Per quanto concerne il secondo, l’intrusione dell’universo maschile nel film, in un’intervista la regista di Lione alla domanda «Non è paradossale prepararle per la riproduzione senza che abbiamo mai visto nemmeno un ragazzo? Esatto: in questo mondo esclusivamente femminile cosa potrebbero volere queste ragazzine più di trovare dei ragazzi? Alle loro età le relazioni con i ragazzi sono spesso conflittuali, e l’idea di un posto dove possano sbocciare lontane dai ragazzi e abbastanza possibile. Ma questa completa assenza di personaggi maschili diventa opprimente. Metà della specie umana manca in questo mondo, non solo per le ragazze ma anche per le donne adulte. Le vecchie donne e le due giovani insegnanti verranno private di tutte le relazioni con gli uomini. Uno spazio chiuso come questo, con solo donne al suo interno, genera un convento e il suo opposto, un bordello. Ovviamente senza essere ne l’uno ne l’altro. In particolare io volevo tenere ogni elemento religioso fuori dal film e sviluppare piuttosto una specie di panteismo.»22

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Inquadratura iniziale [sopra] e finale [sotto] di Innocence

 

 

NOTE

1 Simone De Beauvoir, Il secondo sesso (1949).

2 Lucile Hadzihalilovic in un’intervista con Daniel Graham presente nel DVD di Innocence.

3 Il sodalizio cinematografico tra Hadzhililovic e Noè è ravvisabile anche nella citazione contenuta in Love tratta dal primo corto di Hadzihalilovic, Good Boys Use Condoms [id., 1998]. Scrive Lorenzo Baldassari: «Il dialogo che il film instaura con le pellicole precedenti dell’autore, a partire dalle auto-citazioni (il modellino dell’hotel di Enter the Void presente nella camera da letto del protagonista Murphy; il primo piano dell’eiaculazione, ripreso direttamente dal cortometraggio pornografico Good Boys Use Condoms [id., 1998] di Lucile Hadzihalilovic; ecc.) è, in fondo, uno degli elementi principali di Love».

4 Altri due drammi wedekindiani, Erdgeist [Lo spirito della terra, 1896) e Die Büchse der Pandora [Il vaso di Pandora, 1904], furono fonte d’ispirazione per il cinema: si veda la pellicola tedesca del 1929 Il vaso di Pandora (anche noto come Lulu – Il vaso di Pandora) del regista Georg Wilhelm Pabst. A proposito della scelta di proiettare sullo schermo un testo letterario, la regista francese afferma: “Mi piacerebbe trovare testi esistenti da cui partire, perché è immensamente rassicurante per me. Molte cose possono servire da ispirazione per un film: un’emozione, un nuovo viaggio, un testo.

5 Accanto ad Argento e Weir v’è un altro referente cinematografico, la cui influenza fu di gran lunga più pregnante per la cineasta francese: Robert Bresson. Dice Hadzihalilovic: «Nei film di Bresson, amo il ritmo, l’inquadratura, il forte aspetto esistenziale…il senso di una dimensione oltre a quella fisica, trasmesso attraverso le semplici cose e i gesti quotidiani.»

6 Dall’intervista alla regista presente nel DVD.

7 Claire Fowler, Interview with Lucille Hadzihalilovichttp://www.filmwaves.co.uk/index.php?option=com_content&view=article&id=65:interview-with-lucille-hadzihalilovic&catid=15:filmwaves-28&Itemid=2

8 Innocencehttp://medias.unifrance.org/medias/26/184/47130/presse/innocence-dossier-de-presse-francais.pdf

9 Dall’intervista alla regista presente nel DVD.

10 Idem.

11 Julien Welter, Innocencehttp://www.ecranlarge.com/films/interview/900778-lucile-hadzihalilovic-innocence

12 Tiziana Battaglia, Il cinema di Peter Weir, pag.37 http://l.facebook.com/l.php?u=http%3A%2F%2Fwww.ledonline.it%2Fledonline%2Fbattaglia%2Fbattaglia2.pdf&h=JAQFNZuiY

13 Vedi nota 5.

14 Lewis Carroll, Attraverso lo specchio (1871), pag. 5.

15 Hadzihalilovic decise di lavorare con lui dopo aver visto un cortometraggio di Fabrice du Welz, il regista belga di Calvaire [id., 2004], di cui Debie curò la luce e di cui fu anche operatore di ripresa. La collaborazione nacque soprattutto per il lavoro del fotografo fatto in Irréversible.

16 Vedi nota 6.

17 Ibidem

18 Tiziana Battaglia, Il cinema di Peter Weir, pag.13

19 «[La Bouche de Jean-Pierre] a true partnership scripted, produced, directed and edited by Hadzihalilovic, and photographed, designed, co-edited and ‘artistically directed’ by Noè» in Tim Palmer, Irreversible, Palgrave, 2014. 

20 http://www.filmdeculte.com/culte/autour-cinema/Surveiller-et-punir-5628.html

21 DVD

22 Vedi nota 6