Una delle tendenze più forti che tradizionalmente guidano le teorie critiche del genere cinematografico è stata quella di proporre definizioni principali di generi in grado di spiegare i collegamenti tra film numerosi e diversi. I critici identificano abitualmente formule e convenzioni come strumenti per individuare le caratteristiche condivise di un corpus di film. Quindi, un film è un musical se la sua narrazione incentrata sul corteggiamento trasmette un’impressione di spontaneità e se la sua dimensione spettacolare è resa esplicita, ed è un western se l’ambientazione, i personaggi e l’iconografia riflettono il conflitto storico tra natura selvaggia e civiltà radicato nella seconda metà del XIX secolo1.

Oltre a definire dei generi stabili, gli studiosi hanno dedicato particolare attenzione alla questione del loro cambiamento, analizzando sottogeneri e cicli che appaiono storicamente in risposta a mutamenti sociali e industriali. Ciascun macrogenere mostra tali invenzioni e tendenze: ad esempio, l’operetta, il film slasher e il woman’s picture offrono variazioni, rispettivamente, del musical, del film horror e del melodramma2. Mentre le definizioni principali sono state utili per cercare di spiegare le somiglianze tra centinaia di film prodotti nel corso di molti decenni, i sottogeneri e i cicli indicano importanti differenze tra i film all’interno di uno stesso gruppo, differenze che testimoniano un’evoluzione dei generi nel tempo.

Tuttavia, di recente alcuni critici hanno suggerito che questa interazione tra designazione definitiva e mutazione seriale spesso non è riuscita a illuminare completamente alcune aree che contribuiscono in modo significativo all’identificazione dei generi all’interno di un particolare quadro storico. Una di queste aree riguarda il ruolo che le istituzioni non accademiche, come l’industria cinematografica o la critica dei quotidiani, svolgono nella creazione dell’insieme dei generi in circolazione. Come scrive Steve Neale, «etichette identificative dell’industria cinematografica e dei quotidiani… offrono virtualmente l’unica prova disponibile per uno studio storico delle varietà dei generi in circolazione, o dei modi in cui i singoli film sono stati percepiti in un dato momento.»3 Queste istituzioni non accademiche sono importanti perché consentono di dimostrare come alcuni generi siano stati definiti storicamente a fini commerciali, aiutandoci a valutare i meccanismi alla base della creazione dell’identità o del significato sociali di un film in determinati periodi. Inoltre, è probabile che le classificazioni dell’industria cinematografica o della critica mettano in discussione le ipotesi accademiche sull’appartenenza di un film specifico a un genere. Attraverso un approccio storicistico, è possibile mostrare come quello che oggi potremmo considerare un western o un gangster movie in passato era classificato in modo abbastanza diverso per il pubblico, facendoci interrogare in particolare sulla correttezza delle definizioni principali proposte dagli studiosi.

Per storicizzare il più possibile le indagini sul genere è necessario considerare come i film siano stati etichettati in passato e, nello stesso tempo, riconoscere che la designazione di un genere è un fenomeno potenzialmente volatile o almeno contingente, condizionato da circostanze sociali, istituzionali e storiche. Rimanendo fedele a questa concezione del genere, vorrei soffermarmi su un caso particolare: quei film a cui Thomas Elsaesser fa riferimento come i «melodrammi familiari sofisticati degli anni Quaranta e Cinquanta», un sottogenere del melodramma che ha visto protagonisti i registi Douglas Sirk, Vincente Minnelli e Nicholas Ray. Per due decenni i critici hanno convenuto che il melodramma familiare del dopoguerra rappresentasse un’eccezione nel contesto del cinema e della cultura degli anni Cinquanta. Le preoccupazioni del genere per le nevrosi familiari e la sessualità distruttiva, così come la sua messinscena prepotentemente simbolica, sembrano attaccare apertamente l’ideologia dominante degli anni di Eisenhower, incentrata su un’immagine idealizzata della famiglia nucleare suburbana. Il consenso della critica ha perpetuato questa identità per così tanto tempo che il significato dei film di Sirk, Minnelli e Ray sembra ovvio e fuori discussione. Sosterrò, tuttavia, che i melodrammi familiari sono stati etichettati in modo diverso negli anni Cinquanta e che, in questa sorta di ‘vita precedente’, si ponevano in una relazione complessa con alcuni valori ideologici dominanti dell’epoca relativi alla sessualità.

All’interno delle circostanze originarie che definivano la realizzazione e la presentazione dei melodrammi del dopoguerra, i film di Sirk, Minnelli e Ray non rappresentavano eccezioni; facevano parte piuttosto di una tendenza generale dell’industria verso la produzione di un intrattenimento più “per adulti”. Allo stesso modo, gli studios e la critica dei quotidiani usavano l’etichetta dei “film per adulti” allo scopo d’identificare alcuni film con contenuti sensazionalistici. Il “film per adulti” era un genere localizzato, nel senso che era una categoria storicamente specifica e transitoria che prese piede negli anni del dopoguerra e smise di essere usata dall’industria hollywoodiana dopo gli anni Sessanta.

Il “film per adulti” degli anni Cinquanta è nato a seguito di una serie di sviluppi sia all’interno dell’industria cinematografica che della società in generale. Mentre era in atto un riassestamento dell’industria a causa del “decreto Paramount” del 1948, la società dell’epoca vedeva con sempre più favore l’uso del sensazionalismo nella rappresentazione della sessualità. La categoria dei “film per adulti” è stata in questo senso determinata da un complesso susseguirsi di eventi istituzionali e culturali.

Vendere il melodramma nell’America degli anni Cinquanta

Le campagne pubblicitarie nel dopoguerra richiamavano regolarmente l’attenzione del pubblico sul contenuto sensazionalistico dei film. Già nel 1945 il poster di Giorni perduti [The Lost Weekend, Billy Wilder, 1946], un film sull’alcolismo, sottolineava: «Quanto può osare lo schermo? Nessun uomo o donna adulti possono rischiare di perdersi la scioccante franchezza di Giorni perduti.»4 Negli anni Cinquanta, parole come «osare», «scioccante», «franchezza» e «adulti» venivano usate di frequente in ambito pubblicitario. L’industria cinematografica era solita pubblicizzare i “film per adulti” attraverso un duplice linguaggio che enfatizzava il messaggio sociale per giustificare la rappresentazione in forme spettacolari e titillanti di storie incentrate sulle tortuosità della psiche, la droga, il sesso e l’omicidio. Questo modo di realizzare e promuovere i film influenzò in modo pervasivo i melodrammi, ma è possibile trovare degli esempi anche in altri generi: Sentieri Selvaggi [The Searchers, John Ford, 1956], un western a sfondo razziale, Amami o lasciami [Love Me or Leave Me, Charles Vidor, 1955], un musical incentrato su relazioni coniugali violente, Pietà per i giusti [Detective Story, William Wyler, 1951], un film poliziesco che menziona l’aborto, e La vergine sotto il tetto [The Moon is Blue, Otto Preminger, 1953], una commedia a sfondo sessuale. In questo senso, il “film per adulti” costituiva una categoria potente, in grado di caratterizzare un gran numero di film che si è soliti associare a generi molto diversi.

melodramma film per adulti barbara klinger giorni perdutiLa frase di lancio del poster di Giorni perduti: «Lo schermo ha l’audacia di sfogliare le strane e violente pagine di… The Lost Weekend».

La promozione di un film tramite promesse di contenuti sensazionalistici non era una novità in ambito cinematografico, ma negli anni Cinquanta una serie di fattori industriali trovarono un punto di convergenza, dando vita a una manifestazione specifica di questa tradizione pubblicitaria, con la conseguenza che i film venivano prima realizzati e poi distribuiti al pubblico proprio in quanto “per adulti”. Tra questi fattori, i più importanti erano la concorrenza della televisione, l’importazione di film stranieri, il ruolo della censura cinematografica e il “caso Paramount”.

Nel 1956 Variety mise in evidenza come, oltre ai blockbuster, «film insoliti con temi per adulti che la TV non poteva trasmettere» potessero rappresentare un’efficace soluzione per competere con la televisione5. Mentre a questo punto gli studios avevano creato delle alleanze redditizie con la televisione vendendo i propri film per la programmazione in TV o producendo serie TV, nella retorica dell’industria cinematografica la televisione veniva ancora considerata come una concorrente. Presentando situazioni narrative per adulti incentrate su problemi sessuali, abuso di droghe e altri contenuti sensazionalistici, gli studios tentavano di sfruttare il loro vantaggio competitivo fornendo contenuti che i programmi di varietà, le commedie familiari e altri programmi TV non potevano avere. Pertanto, il melodramma familiare degli anni Cinquanta, con i suoi nuclei familiari spezzati dalla sofferenza e l’enfasi sulle problematiche psicosessuali, presentava argomenti molto lontani da ciò che la televisione poteva offrire in sit-com come The Adventures of Ozzie and Harriet [1952-66] o Papà ha ragione [Father Knows Best, 1954-63].

father knows best sitcom anni 50Foto dei cast delle sit-com The Adventures of Ozzie and Harriet o Papà ha ragione.

Tuttavia, questa tendenza verso la produzione di film hollywoodiani indirizzati specificamente a un pubblico di adulti non può essere spiegata semplicemente come una reazione dell’industria cinematografica ai contenuti televisivi. In effetti, negli anni Cinquanta erano stati distribuiti in America Il piacere e l’amore [La Ronde, Max Ophuls, 1950], Monica e il desiderio [Sommaren med Monika, Ingmar Bergman, 1952], Sorrisi di una notte d’estate [Sommarnattens leende, Ingmar Bergman, 1955], Piace a troppi [… et Dieu créa la femme, Roger Vadim, 1956] e altri film d’arte stranieri ricchi di contenuti sessualmente espliciti per l’epoca. La distribuzione di tali film negli Stati Uniti fu favorita dalla riorganizzazione dell’industria cinematografica dopo il “caso Paramount”6. La separazione degli interessi degli esercenti delle sale cinematografiche da quelli riguardanti produttori e distributori dettata dal “caso Paramount” allentò infatti il controllo che il codice Hays e la MPAA (la Motion Picture Association of America) avevano precedentemente esercitato sui film importati. Ciò contribuì a formare circuiti alternativi di distribuzione e proiezione per i film stranieri. L’uso di temi indirizzati a un pubblico più adulto da parte di alcuni film hollywoodiani permise loro di competere, quindi, sia con i film importati dall’estero che con la televisione. Nello stesso tempo, il film d’arte, venendo spesso identificato come un’opera di realismo capace di riflettere sulla condizione umana, nell’offrire immagini audaci della sessualità potrebbe aver contribuito anche a fornire le parole («franchezza», «osare», «scioccante») che gli studios avrebbero poi utilizzato per promuovere i propri melodrammi.

Due fotogrammi di film stranieri degli anni Cinquanta che mettono in mostra la sessualità e i corpi femminili: sopra Monica e il desiderio, sotto Piace a troppi.

Insieme all’influenza della televisione e dei film stranieri, la censura cinematografica ebbe un ruolo di rilievo durante il dopoguerra nel creare i presupposti per un clima favorevole per la produzione di film che trattassero contenuti indirizzati in modo specifico a un pubblico di adulti. Dalla famosa disputa MPAA / Howard Hughes su Il mio corpo ti scalderà [The Outlaw, Howard Hughes, 1943] nel 1946 fino all’uscita di due film di Otto Preminger distribuiti dalla United Artists senza il sigillo di approvazione MPAA – si tratta de La vergine sotto il tetto, nel 1953, una commedia a sfondo sessuale in cui veniva pronunciata la parola «vergine» per la prima volta, e de L’uomo dal braccio d’oro [The Man with the Golden Arm, 1955], un film sulla tossicodipendenza , l’area di competenza e lo statuto dell’MPAA venivano sfidati quasi quotidianamente7.

Il “caso Paramount”, dopo aver avuto un ruolo importante nell’allentare la presa dell’MPAA sulla distribuzione e la proiezione di film stranieri importati, ebbe un effetto simile sui prodotti nazionali, in quanto consentì un rapporto un po’ meno autoritario tra censura e produzione cinematografica. Inoltre, a causa del problema di mancanza di pubblico nei cinema nel dopoguerra e della concorrenza della televisione, esercenti e studios facevano pressione sull’MPAA affinché ammorbidisse i suoi standard morali per rispondere alle esigenze del botteghino8. Il codice fu quindi rivisto nel dicembre 1956 per consentire riferimenti ad argomenti precedentemente proibiti come la tossicodipendenza, l’aborto, la prostituzione e l’amore interraziale, sebbene temi come la perversione sessuale fossero ancora vietati. Negli anni Sessanta anche quest’ultimo baluardo della censura fu finalmente accantonato.

I cambiamenti nell’industria erano in accordo con l’esito di alcuni importanti casi legali contro la censura che hanno avuto luogo durante questo stesso periodo. Nel 1952, dopo una controversia sulla messa al bando de Il miracolo [1948] di Roberto Rossellini perché giudicata un’opera sacrilega, la Corte Suprema concesse al film la protezione data dal Primo Emendamento (Joseph Burstyn, Inc. v Wilson, 343 US 475, 1952). Negli anni successivi, la Corte Suprema non autorizzò più il divieto di un film in basa alla presenza di argomenti che sfidassero la moralità sessuale. Tali avvenimenti nell’industria cinematografica e nel quadro legale contribuirono, quindi, a permettere la circolazione di immagini più esplicite sullo schermo.

È interessante notare come le campagne pubblicitarie degli anni Cinquanta spesso richiamassero l’attenzione dello spettatore verso le sfide che i film intraprendevano nei confronti della censura, che finivano col diventare parte integrante della strategia promozionale degli studios. La rosa tatuata [The Rose Tattoo, Daniel Mann, 1955], ad esempio, era stato pubblicizzato come «la storia d’amore più audace che vi sia mai stata permessa di vedere», mentre Il sole sorgerà ancora [The Sun Also Rises, 1957] era stato presentato al pubblico come una «storia d’amore troppo audace per essere portata sugli schermi prima di oggi» e Da qui all’eternità [From Here to Eternity, Fred Zinnemann, 1953], era stato descritto come «il libro più audace del nostro tempo, trasposto sullo schermo con onestà e coraggio»9. Gli studios apparivano in questo modo come dei paladini della libertà di espressione contro la censura, sostenendo il diritto del pubblico americano a consumare drammi per adulti.

melodramma film per adulti da qui all'eternitàIl poster di Da qui all’eternità. La frase di lancio recita: «Il libro più audace del nostro tempo… trasposto sullo schermo con onestà e coraggio».

Pertanto, a causa dell’interesse generalizzato verso argomenti più maturi, l’industria cinematografica produceva film che potevano avere successo in un mercato che vedeva con favore, al botteghino, la realizzazione di psicodrammi ricchi di contenuti espliciti. In effetti, molti dei film di maggior successo di quest’epoca, come Piangerò domani [I’ll Cry Tomorrow, Daniel Mann, 1955], Picnic [id., Joshua Logan, 1955], L’uomo dal braccio d’oro, Trapezio [Trapeze, Carol Reed, 1956], Il gigante [Giant, George Stevens, 1956], Come le foglie al vento [Written on the Wind, Douglas Sirk, 1956] e I peccatori di Peyton [Peyton Place, Mark Robson, 1957], erano melodrammi con al centro problemi sociali, psicologici e/o sessuali.

alcolismo melodramma adulti anni cinquantaCome le foglie al vento di Sirk è un film ricco di contenuti sensazionalistici e scabrosi, tra cui l’impotenza, l’alcolismo (vedi il fotogramma qui sopra) e la ninfomania.

Per cominciare, gli studios adattavano spesso romanzi e opere teatrali famosi per l’essere indirizzati a un pubblico più adulto, con la conseguenza che il prestigio e la notorietà dei film ispirati a questi lavori ne risultavano accresciuti. Le storie di Tennessee Williams, tra cui Un tram che si chiama Desiderio [A Streetcar Named Desire, Elia Kazan, 1951], La rosa tatuata, Baby Doll – La bambola viva [Baby Doll, Elia Kazan, 1956], La gatta sul tetto che scotta [Cat on a Hot Thin Roof, Richard Brooks, 1958] e Improvvisamente l’estate scorsa [Suddenly, last Summer, Joseph L. Mankiewicz, 1959], furono così trasposte sul grande schermo, insieme a un’ampia varietà di romanzi e altre opere teatrali, tra cui Da qui all’eternità di James Jones, l’autobiografia di Lillian Roth I’ll Cry Tomorrow, Picnic di William Inge, Tea and Sympathy di Robert Anderson e I peccati di Peyton Place di Grace Metalious. I contenuti scabrosi di questi testi erano l’omosessualità, l’iniziazione sessuale, la prostituzione, lo stupro, l’aborto, l’adulterio, la frustrazione e la tentazione sessuale, l’alcolismo e l’omicidio.

improvvisamente l'estate scorsa omosessualità melodramma adulti anni cinquantaL’omosessualità è il fulcro drammatico dell’opera teatrale di Tennessee Williams Improvvisamente l’estate scorsa e sopravvive all’intervento della censura nella trasposizione filmica di Mankiewicz con protagonisti Elizabeth Taylor, Montgomery Clift e Katharine Hepburn.

Gli studios producevano e proiettavano i film di Minnelli, Ray e Sirk per adattarsi a questa tendenza. La tela del ragno [The Cobweb, 1955], Tè e simpatia [Tea and Sympathy, 1956] e A casa dopo l’uragano [Home From the Hill, 1960] di Minnelli, Gioventù bruciata [Rebel Without a Cause, 1955] e Dietro lo specchio [Bigger Than Life, 1956] di Ray, e Come le foglie al vento e Il trapezio della vita [Tarnished Angels, 1957] di Sirk offrivano un’impressionante varietà di situazioni sensazionalistiche: disfunzioni psicologiche, rapporti prematrimoniali, adulterio, frigidità, omosessualità, ninfomania, sterilità, parti illegittimi, alcolismo, conflitti familiari, violenza e abuso di droghe. Le campagne promozionali definivano l’identità di questi film, rafforzando l’idea che fossero indirizzati specificamente a un pubblico di adulti, mettendo in evidenza quelle situazioni narrative e quei personaggi che potessero offrire dei contenuti scabrosi, contribuendo in questo modo a caratterizzare il melodramma del dopoguerra come una forma d’intrattenimento spettacolare che faceva affidamento su elementi sensazionalistici a scopi promozionali10. In questo contesto, i melodrammi cinematografici sono diventati uno dei modi con cui gli studios hanno potuto rispondere proficuamente a specifici mutamenti dell’industria.

come le foglie al vento posterIl poster di Come le foglie al vento. La frase di lancio mette in evidenza il tema dell’adulterio in modo sensazionalistico: «Questa donna fra le sue braccia è adesso la moglie dell’uomo che lui era solito chiamare il suo miglior amico!»

Tuttavia, l’analisi dei funzionamenti e delle strategie promozionali dell’industria cinematografica fornisce solo una visione parziale di come e perché i generi localizzati vengano a costituirsi. La realizzazione di film per un pubblico più adulto rappresentava infatti anche un sintomo del tentativo da parte dell’industria di capitalizzare la quantità crescente di discorsi sempre più espliciti sul sesso e di altri contenuti sensazionalistici durante gli anni Cinquanta. Lo studio di questo contesto sociale rappresenta la chiave per comprendere il significato ideologico del “film per adulti” degli anni Cinquanta.

L’esibizione della sessualità

Di solito gli accademici di cinema che studiano i “melodrammi familiari sofisticati” degli anni Quaranta e Cinquanta hanno descritto gli anni di Eisenhower come socialmente e sessualmente repressivi. Quest‘ordinamento sociale si manifesterebbe chiaramente in sitcom televisive come Papà ha ragione, in cui si celebra l’unità familiare mentre gli uomini e le donne rispettano ruoli di genere rigidamente convenzionali: i primi vengono ritratti come patriarchi benevoli, le seconde come casalinghe rispettose. Rispetto a una tale prospettiva, gli eccessi del melodramma del dopoguerra sembrano chiaramente sovversivi.

Tuttavia, come ha sostenuto Richard Dyer nel suo lavoro su Marilyn Monroe, faremmo bene a riconsiderare l’idea che ci siamo fatti degli anni Cinquanta come di un’epoca esclusivamente repressiva11. Tale idea infatti ignora l’elevata visibilità e complessità dei discorsi sulla sessualità che caratterizzano quest’epoca. Accanto alle immagini tranquille della famiglia nucleare, gli anni Cinquanta hanno visto un’esplosione di discussioni e rappresentazioni esplicite della sessualità che hanno reso il sesso una parte integrante della vita pubblica. Tenendo presente queste novità culturali, possiamo ripensare il rapporto tra il melodramma familiare, spesso incentrato su storie a sfondo sessuale, e il suo contesto sociale originario.

marilyn monroe Famosa foto di Marilyn Monroe scattata sul set di Quando la moglie è in vacanza [The Seven Year Itch, Billy Wilder, 1955] e pubblicata nel 1954 sul giornale Corpus Christi Caller-Times.

Un’analisi del periodo postbellico mostra che forme controculturali relative alla sessualità stavano guadagnando grande popolarità. I gruppi organizzati delle sottoculture gay, la filosofia della Beat Generation e la sick comedy attaccavano, rispettivamente, gli stereotipi eterosessisti, il matrimonio e la monogamia, e i limiti di ciò che era considerato accettabile dire pubblicamente sui rapporti sessuali.

Le sottoculture gay acquistarono una forte visibilità nel dopoguerra, sotto la spinta di esperienze omosessuali avute all’estero e in America durante la guerra, nonché grazie ai Kinsey Reports pubblicati nel 1948 e nel 1953, che rilevavano come l’omosessualità maschile e femminile fosse tutt’altro che rara12. Allo stesso tempo, alcune opere artistiche cominciarano a soffermarsi con sempre maggior forza sull’esperienza omosessuale. Tra queste, ricordiamo Fireworks [id., 1947] di Kenneth Anger, i romanzi lesbo-pulp di Ann Bannon e soprattutto l’ode all’omosessualità di Allen Ginsberg, Urlo [Howl], pubblicato nel 1956, uno dei volumi di poesia più influenti dell’intero decennio.

omosessualità melodramma kenneth anger fireworksUn fotogramma di Fireworks di Kenneth Anger, un film sperimentale a tema omosessuale del 1947.

La particolare forma di anticonvenzionalismo beatnik sposava la nozione di “amore libero” in opposizione ai rapporti rigidamente definiti dal matrimonio, mentre comici malati, morbosi, come Lenny Bruce e Mon Sahl non solo mettevano in discussione il linguaggio rispettabile ma scherzavano apertamente sui problemi di sesso nelle relazioni13.

Riconoscere la presenza di queste forme d’espressione minoritarie incentrate sull’omosessualità e l’amore libero, ricche di rappresentazioni franche, a volte esplicite, di incontri e problemi sessuali rappresenta un primo passo per dimostrare come gli anni Cinquanta siano stati attraversati da discorsi relativi alla sessualità. Ma, cosa più importante, tutto ciò non riguardava soltanto le controculture, come dimostra la decisa controffensiva da parte della cultura dominante, che tentava di comprendere, condannare, censurare o “correggere” questi gruppi. È importante notare come nella società in generale la rappresentazione della sessualità aveva cominciato a essere più esplicita e pervasiva.

In Intimate Matters: A History of Sexuality in America (1988), John D’Amilio ed Estelle Freedman osservano come gli anni Cinquanta abbiano avuto un ruolo determinante nell’ascesa del “liberalismo sessuale” negli Stati Uniti iniziata dopo la Seconda Guerra Mondiale, ascesa che ha avuto come immediata conseguenza degli atteggiamenti più permissivi nei confronti del sesso tra gli americani bianchi della middle class. Questi atteggiamenti erano evidenti negli anni Cinquanta a partire dalle pubblicazioni scientifiche sulle abitudini sessuali degli americani, dalle discussioni pubbliche incentrate sulla moralità sessuale e dai modi in cui il sesso veniva rappresentato nei media. Ad esempio, mentre il sesso prematrimoniale era ancora un tabù durante gli anni Cinquanta, altre forme di intimità – appuntamenti, relazioni stabili e petting pesante – erano forme più o meno socialmente accettabili di vita sessuale prematrimoniale. Le coppie borghesi che si avviavano verso il matrimonio, appassionati lettori di Freud consapevoli della disponibilità della contraccezione, ponevano grande enfasi sul sesso come indicatore di benessere, nello stesso momento in cui separavano la sua dimensione piacevole da quella procreativa14. Secondo Elaine Tyler May, l’incoraggiamento verso relazioni eterosessuali “sane” e matrimoni precoci da parte di giornalisti, esperti di educazione e psicologia rappresentava anche un’importante forma di difesa contro la minaccia dell’omosessualità, che si stagliava sull’America durante la Guerra Fredda e che veniva associata dai più al Comunismo15.

sessualità melodramma america anni 50La copertina della terza edizione di Intimate Matters.

In ogni caso, il termine «liberalismo sessuale» non definiva né una completa libertà né un’apertura mentale rispetto a questa varietà di attività sessuali. La sua natura liberale, che corrisponde a una maggiore e più franca enfatizzazione di alcuni piaceri eterosessuali, era vincolata da una serie di limitazioni, era notoriamente attraversata da pesanti doppi standard ed escludeva altre forme di sessualità, in particolare l’omosessualità e la sessualità afroamericana, descritte all’epoca come qualcosa di deviato. Tuttavia, il liberalismo sessuale ha fornito una giustificazione al proliferare di contenuti sessualmente espliciti nei media.

Le decisioni della Corte Suprema, che consentivano una rappresentazione maggiormente esplicita della sessualità a uso e consumo del pubblico, contribuirono ad arginare la censura contro la maggior parte dei media e, di conseguenza, come affermano D’Amilio e Freedman, «il sesso non matrimoniale poté essere messo in mostra»16. Ad accrescere il materiale sessualmente esplicito a disposizione negli anni Cinquanta furono principalmente i Kinsey Report, Playboy, la pubblicazione di romanzi “per adulti” e tascabili “titillanti”, ed infine riviste scandalistiche come Confidential.

Entrambi i Kinsey Report, Sexual Behaviour in the Human Male (1948) e Sexual Behaviour in the Human Female (1953), figurarono per diversi mesi nell’elenco dei best seller del New York Times, vendendo ciascuno quasi un quarto di milione di copie. Lo smascheramento da parte di Kinsey delle effettive pratiche sessuali dei bianchi americani suscitò un certo clamore pubblico, poiché le sue scoperte dimostravano l’inadeguatezza delle raccomandazioni morali tradizionali a proposito di come le persone dovevano vivere la loro sessualità. I Kinsey Report contribuirono a mettere in primo piano il sesso e il comportamento sessuale, rivelando la loro posizione centrale all’interno dello scenario culturale pubblico dell’epoca.

Può essere interessante notare come questa tendenza a “mettere in mostra” la sessualità che caratterizza gli anni Cinquanta si fosse concretizzata principalmente attraverso l’oggettivazione visiva delle donne. Playboy, che iniziò ad essere pubblicato nel 1953, continuò a promuovere il legame implicito tra esplicitazione sessuale, liberazione sessuale e rappresentazioni eccitanti del corpo femminile. Playboy celebrava una filosofia anti-familiare della libertà maschile che si basava sulla consapevolezza dei piaceri extraconiugali, tra i quali svettava l’immagine della donna sessualmente disponibile, sempre “pronta”17. Il primo numero di Playboy mostrava l’ormai famoso nudo di Marilyn Monroe, e un numero successivo quello di Jayne Mansfield, due delle più popolari “bombe bionde” del cinema. Verso la metà degli anni Cinquanta, il successo di Playboy ha dato luogo a un certo numero di imitazioni, interessate a sfruttare gli aspetti “femminili” del suo formato; queste includevano Rogue, Nugget e Dude.

Il primo numero di Playboy pubblicizza in prima pagina la presenza al suo interno del servizio fotografico di Monroe, che per la prima volta appare nuda a colori.

Anche l’industria dei libri tascabili, che era in piena espansione negli anni Cinquanta, sfoggiava copertine sensazionalistiche con donne che si spogliavano o ritratte in posizioni compromettenti, con titoli come Three Gorgeous Hussies, Women’s Barracks, I, Libertine e Junkie. Inoltre, questi e altri tascabili di successo dell’epoca, tra cui Da qui all’eternità, L’uomo dal braccio d’oro, i romanzi di Mickey Spillane, L’amante di Lady Chatterley, Dalla Russia con amore e I peccati di Peyton Place, ricevettero accuse di oscenità da Ezekiel C. Gathings della Camera dei Rappresentanti per la loro rappresentazione di incontri sessuali espliciti.18

Mentre pubblicazioni come Playboy e i tascabili sembravano postulare una relazione diretta tra l’esibizione della sessualità, l’oggettivazione sessuale delle donne e uno spettatore prevalentemente maschile, esistevano contenuti espliciti rivolti anche a un pubblico femminile di lettrici. Le più importanti erano riviste scandalistiche come Confidential, pubblicata per la prima volta nel 1952. Confidential godette di un’enorme popolarità, indulgendo in ciò che il suo editore chiamava «sesso e peccato». Questa rivista, come gli spin-off che ispirò negli anni Cinquanta, tra cui Dare, Exposed e Uncensored, descriveva i mali della società e la vita privata delle celebrità attraverso allusioni morbose, allo scopo di massimizzare gli effetti sensazionalistici.

La copertina del numero di aprile 1958 di Confidential.

Le riviste scandalistiche si rifacevano alla collaudata formula di successo delle riviste specializzate in confessione scritta, come True Confessions, che diventò popolare dopo la Seconda Guerra Mondiale. Lo scopo di queste confessioni («Ho dovuto provare il mio amante/La notte prima del matrimonio») era quello di offrire al lettore «uno sguardo sugli affari più intimi di qualcun altro», con il sesso che agiva come sottotesto perenne19. Gli editori scoprirono che le donne – inizialmente coloro che appartenevano alla classe operaia non istruita ma poi sempre più alla middle class, poiché questa formula si era fatta strada nei fan magazine e persino in alcune riviste a circolazione generale come Look and Life apprezzavano particolarmente l’impressione di trovarsi di fronte a una “rivelazione autentica” nel contesto di problemi altamente emotivi, spesso di natura sessuale.

La crescente franchezza nel modo in cui il sesso veniva trattato durante gli anni Cinquanta non dovrebbe tuttavia indurci a considerare il decennio come una Sodoma e Gomorra finora non riconosciuta. Nonostante il cambiamento delle regole della censura, tali eventi mediatici rinnovarono il fervore dei riformisti e dei gruppi decisi a sfidare la moralità dell’esibizione della sessualità. Allo stesso modo, mentre crescevano le sottoculture omosessuali e le loro rappresentazioni nei media, cresceva anche la persecuzione contro di loro per mano degli ideologi della Guerra Fredda; mentre le immagini di Monroe e Mansfield pervadevano i media, così facevano le discussioni sulla sacralità della famiglia e sui ruoli di genere tradizionali; mentre fioriva Confidential, così facevano Better Homes and Gardens. In altre parole, l’enfasi sull’esibizione della sessualità non ridefinisce gli anni Cinquanta in un modo completamente inedito, o come un periodo storico caratterizzato da una nuova ideologia unificata; piuttosto, mette in evidenza le rappresentazioni semplicistiche che sono state fatte del decennio, rivelando quanto fossero importanti i discorsi espliciti sul sesso nella società dell’epoca. Di conseguenza, non sorprende che questo periodo storico risulti dominato da rappresentazioni del sesso contraddittorie e talvolta in contrapposizione tra di loro, che trovano manifestazione in un’ampia varietà di figure popolari, da Monroe e Playboy a Papà ha ragione, per arrivare ai film di Walt Disney.

Arrivati a questo punto, si capisce come l’industria cinematografica avesse prodotto e pubblicizzato i melodrammi dell’epoca con l’intenzione di entrare in sintonia con l’interesse del decennio per l’esibizione sensazionalistica della sessualità. Nello specifico, l’industria aveva il compito di presentare il melodramma in accordo con un mutato contesto socio-culturale che vedeva favorevolmente modalità più esplicite di rappresentazione della sessualità. Gli studios tentarono quindi di allineare i loro film con le tendenze popolari dell’epoca, piegando il genere melodramma a tale scopo.

Inoltre, il modo in cui l’esibizione sempre più esplicita dell’eterosessualità attraversava la cultura del dopoguerra, tenendo in considerazione entrambi i sessi, dovrebbe aiutare a chiarire quale significato dovesse avere il melodramma durante questo periodo specifico. Come abbiamo visto, alcuni media “corteggiavano” il pubblico maschile attraverso la presentazione esplicita del corpo femminile, collocato nello scenario di fantasia del piacere pre- o extra-coniugale. Altri media, in particolare le riviste scandalistiche, tentavano di catturare l’attenzione del pubblico femminile facendo ricorso alla retorica dello scandalo, che ritraeva problemi “privati” attraverso uno sguardo sensazionalistico. Pertanto, all’interno di questo universo intertestuale di pubblicazioni rivolte specificatamente e in modo esclusivo a uomini o donne, il sensazionalismo sessualmente sfumato del melodramma per adulti poteva catturare l’attenzione sia del pubblico maschile che femminile.

Riconoscere l’importanza di questo contesto nello studio del “melodramma familiare sofisticato” permette di identificarlo, per dirla con Tony Bennett e Janet Woollacott, come un caso di genere «culturalmente specifico» la cui costruzione è avvenuta in concomitanza a un particolare momento istituzionale e sociale. La prospettiva di Woollacott e Bennett ci consente di esaminare come vari testi possano instaurare diverse relazioni di genere a seconda di specifiche situazioni sociali e storiche: come, cioè, un testo possa essere associato a vari generi nel tempo, producendo «diversi significati sociali e ideologici»20. Parte della posta in gioco in quest’opera di storicizzazione sta nella comprensione del rapporto d’interconnessione che vige tra l’identità di un genere e il suo significato ideologico. Le varie categorie a cui un film è appartenuto nel corso della sua storia possono definire nuove funzioni culturali in contrasto con quelle predisposte dalle definizioni principali pensate dagli accademici. Ma anche la più transitoria delle classificazioni può fornire degli indizi su come gli ordinamenti sociali del passato rendessero il cinema ideologicamente intelligibile in base alle esigenze dei sistemi di valori dominanti di quell’epoca.

Nel caso del melodramma familiare degli anni Cinquanta, l’identità “culturalmente specifica” del genere si formò attraverso la sua associazione con il “film per adulti”, un genere localizzato e transitorio nato sotto la spinta di tutta una serie di fattori istituzionali e sociali. Questa localizzazione del genere attivava in modo selettivo elementi filmici e narrativi, come i conflitti psicosessuali, per promuovere un’identità ideologica per i melodrammi che fosse in sintonia con la tendenza degli anni Cinquanta a mettere in mostra la sessualità. Ciò portò alla creazione di una vera e propria “etica voyeuristica” che si fondava sull’oggettivazione del corpo delle donne e su un trattamento morboso e sensazionalistico dei problemi sociali e dei rapporti interpersonali.

Come indica la forte presenza di riformatori, raffigurazioni sempre più esplicite del sesso non erano prive di implicazioni sovversive negli anni Cinquanta. Se il “melodramma familiare sofisticato” raggiunse uno status trasgressivo durante questo periodo, non fu perché le sue rappresentazioni della sessualità si rivelarono un’eccezione rispetto all’ideologia repressiva degli anni di Eisenhower; fu perché tali rappresentazioni facevano radicalmente parte di una tendenza dominante, e per certuni discutibile, nella produzione cinematografica dell’epoca, che comprendeva film come Da qui all’eternità e I peccatori di Peyton. Tuttavia, la questione dello status ideologico del “melodramma familiare sofisticato” non è così facilmente risolvibile. Mentre i film di Minnelli, Sirk e Ray potevano aver rappresentato una liberazione rispetto alle forze della censura, il sesso veniva comunque associato ai tradizionali piaceri patriarcali e a un’ideologia domestica che vedeva le donne come avide consumatrici di narrazioni romantiche conflittuali, nello stile di True Confessions. In altre parole, gli studios cinematografici, Playboy, Confidential e altri gruppi dei media mainstream facevano del sesso un bene di consumo posto all’interno di un sistema di valori che non segnava una netta discontinuità culturale.

Dorothy Malone in Come le foglie al vento interpreta il personaggio di una ninfomane che sembra uscita direttamente dalle pagine di Playboy. Non a caso, gli studios la metteranno al centro della campagna promozionale del film.

In sintesi, l’analisi storica suggerisce che i “melodrammi familiari sofisticati” non erano stati sempre tali; una volta erano classificati come “film per adulti”. L’esempio del melodramma ci spinge quindi a considerare l’identità di un genere come una serie di mutazioni avvenute sotto la spinta di ambienti autorevoli coinvolti nella circolazione culturale e storica del cinema. Questi ambienti hanno il compito di rendere i film attraenti per il pubblico, e quindi mantenerli entro i confini di specifici ordinamenti sociali. Le istituzioni non accademiche utilizzano in modo decisivo l’etichetta identificativa del genere per portare a termine questo compito, sebbene la creazione di generi localizzati da parte di queste istituzioni non sia né superficiale né irrilevante. Questo processo è, piuttosto, profondamente radicato nelle condizioni istituzionali e sociali, ed è in grado di definire le componenti significative di un corpus di opere afferenti al genere allo scopo di creare una serie di aspettative nel pubblico. Inoltre, tali associazioni transitorie nei confronti di un genere specifico, mentre permettono di sfidare i preconcetti legati a definizioni principali o ai significati ideologici che si attribuiscono a determinati film, aiutano a chiarire in che modo i film facciano senso all’interno di congiunture storiche e sociali radicalmente diverse.

NOTE

1. Si veda, per esempio, J. Feuer, The Hollywood Musical (Bloomington: Indiana University Press, 1982) e J. Cawelti, The Six-Gun Mystique (Bowling Green: Bowling Green University Press, 1971).

2. Studi che hanno identificato cicli e sottogeneri includono R. Altman, The American Film Musical, Bloomington: Indiana University Press, 1989; R. Wood, The American Nightmare: Essays on the Horror Film, Toronto: Festival of Festivals, 1979, e M. A. Doane, The Desire to Desire: The Woman’s Film of the 1940s, Bloomington: Indiana University Press, 1987.

3. S. Neale, “Questions of Genre”, in Screen, vol. 31, no. I, Spring 1990, p. 52. Vedi anche T. Bennett e J. Woollacon, Bond and Beyond: The Political Career of a Popular Hero, Methuen, New York 1987, e A. Williams, “ls a Radical Genre Criticism Possible?”, in Quarterly Review of Film Studies, vol. 9, no. 2, Spring 1984.

4. J. Morella, E. Z. Epstein e E. Clark, Those Great Movie Ads, New Rochelle: Arlington House, 1972, p. 88.

5. “Sticks Now on ‘Hick Pix’ Kick”, in Variety, 5 December 1956, p. 1.

6. S. Neale, “An Cinema as Institution”, in Screen, vol. 22, no. 1, 1981, pp. 32-3.

7. Per una più ampia discussione sulla censura e Il mio corpo ti scalderà, vedi M. B. Haralovich, “Film Advertising, the Film Industry, and the Pin-up”, in B. A. Austin (a cura di), Current Research in Film I: Audiences, Economics, and Iaw, NJ: Ablex Publishing Corporation, Norwood 1985, pp. 143-51.

8. Variety, 5 December 1956, pp. 1, 86.

9. J. Morella et al., op. cit., p. 77.

10. Vedi il mio “Much Ado About Excess: Genre, Mise en scene, and the Woman in Written on the Wind“, in Wide Angle, vol. 11, no. 4, 1989, pp. 4-22, per una più dettagliata analisi di come la pubblicità sfruttasse il genere nel tentativo di caratterizzare la ricezione di uno di questi film “per adulti”.

11. R. Dyer, Heavenly Bodies: Film Stars and Society, St Martin’s, New York 1986, pp. 19-66.

12. J. D’ Amilio, Sexual Politics, Sexual Communities: The Making of a Homosexual Minority in the United States, 1940-70, University of Chicago Press, Chicago 1983, pp. 23-39.

13. Per una discussione su come la cultura beatnik e i comici malati abbiano preannunciato le più strutturate controculture degli anni Sessanta, vedi M. Jezer, The Dark Ages: life in the United States 1945-1960, South End Press, Boston 1982, pp. 258-90.

14. J. D’ Amilio, E. B. Freedman, lntimate Matters: A History of Sexuality in America, Harper & Row, New York 1988, pp. 239-74.

15. E. T. May, Homeward Bound: American Families in the Cold War Era, Basic Books, New York 1988, p. 116.

16. J. D’Amilio, E. Freedman, op. cit., p. 277.

17. Barbara Ehrenreich affronta il rapporto di Playboy con le immagini della famiglia e della donna negli anni Cinquanta in The Hearts of Men: American Dreams and the Flight From Commitment, Anchor Press, New York 1983, pp. 42-51.

18. Kenneth C. Davis discute di tascabili e oscenità in Two-Bit Culture: The Paperbacking of America, Houghton Mifflin, Boston 1984, pp. 135-41, 216-47.

19. T. Peterson, Magazines in the Twentieth Century, University of Illinois Press, Urbana, 1964, p. 304; Peterson analizza anche il successo delle riviste scandalistiche negli anni Cinquanta, pp. 379-82.

20. T. Bennett, J. Woollacon, op. cit., p. 81.

Traduzione italiana dell’articolo (pubblicato originariamente in J. Bratton, J. Cook, C. Gledhill (a cura di), Melodrama: Stage Picture Screen, 1994) a cura di Lorenzo Baldassari.