First-time helmer Hong Sang-Soo, who studied film in Chicago and L.A., somehow manages to keep this Seoul-ful jam session coherent, but the plot turns are tricky and there’s some messy stuff around every bend. […] Trouble is, when everybody else shows up and the story keeps developing, you can’t be sure it is a dream.1
Questo scriveva Ken Eisner su Variety all’indomani della presentazione in anteprima2 del film d’esordio di Hong Sang-soo, The Day A Pig Fell Into The Well [1996]: da queste parole, che non lasciavano affatto ipotizzare l’inizio di una carriera prolifica più che ventennale, è evidente lo sconcerto del critico di fronte a delle scelte estetiche inusuali.
Il ricorrente incontro-scontro di personaggi seduti a tavola, nel cinema di Hong, è presente anche nel suo primo film, The Day A Pig Fell Into The Well [1996]. Eppure, come vedremo, si verificheranno numerosissimi cambiamenti e metamorfosi rispetto a questa stessa scelta ricorsiva, cambiamenti dettati da necessità espressive sempre diverse.
Come vedremo meglio più avanti, il regista coreano è solito privilegiare uno stile narrativo ellittico e inaffidabile3, fatto di salti e di scarti imprevedibili, che portano lo spettatore a doversi orientare in un intricato gioco di rimandi e di allusioni tutti diegetici e solo raramente riferiti a un universo più ampio4. Queste strategie di messinscena si osservano non solo nel film d’esordio, ma anche nel suo secondo lavoro, The Power of Kangwon Province [1998], presentato nella sezione Un Certain Regard di Cannes 1998 e in grado di imporsi all’attenzione della critica internazionale. Nel film, lo spettatore segue due storie, quella di Jisook che passa una notte con un poliziotto incontrato nella provincia di Kangwon durante una gita con delle amiche, e quella di Sangwon, l’uomo da cui Jisook si è separata. Sangwon e Jisook vanno in vacanza nelle stesse zone, prendono lo stesso treno, ma non si incontrano mai.
Lo stesso evento è osservato da due punti di vista diversi in due momenti diversi del film: nel primo caso seguiamo Jisook, la ragazza con la maglietta a strisce; nel secondo caso l’amico di Sangwon, con la maglietta bianca con le maniche blu e rosse, che raggiungerà poi Sangwon in un altro vagone del treno.
Dice Hong Sang-soo, a proposito del film vincitore della stessa sezione del festival di Cannes ma nel 2010, Hahaha [2010]5:
I don’t know what I want to do, in the initial stages. I just try putting together clumps of ideas and I put several actors next to those ideas. And then those clumps and the actors mix. In that, I discover something within the actors, discover what I want, and also what they want. Through the process of mixing them up, I finally realize what I want to do. I don’t make the actors do something because I want to tell a certain story….
Insomma, Hong non segue puntigliosamente le proprie sceneggiature: il regista sudcoreano lascia che i piccoli scherzi del destino6 che rappresentano uno dei Leitmotiv delle trame dei suoi film influenzino allo stesso modo il suo processo creativo, sia in sede di riprese che, eventualmente, di post-produzione.
Urge notare, però, almeno nei primi tre film di Hong Sang-soo, un’adesione maggiore del regista alle convenzioni del “nuovo” cinema sud-coreano, le cui caratteristiche storiche ed estetiche saranno illustrate qui di seguito.
Hong Sang-soo e la South-Korean Film Renaissance
Con South-Korean Film Renaissance ci si riferisce al titolo dello studio di Jinhee Choi del 2010, incentrato sulla rinascita del cinema sudcoreano7. In questo studio, vengono non solo affrontate le direzioni del cinema coreano dagli anni ’50 in poi – con il drammatico intermezzo della dittatura di Park Chung-hee nei decenni ’60 e ’70 – ma anche il carattere “provocatorio” di un cinema che reagiva sia agli accadimenti della Storia che all’immaginario hollywoodiano ingombrante e intrusivo degli anni ’908. Se da un punto di vista autoriale a imporsi in questi anni sono i film del maestro Im Kwon-taek (Chang [1997] e Ebbro di donne e di pittura [2002]) e di Park Kwang-su (A Single Star [1995] e Uprising [1999]), a distinguersi nel mercato dei blockbuster sudcoreani è l’emblematico action-movie Shiri [Kan Je-gyu, 1999], che riesce a incassare in Corea del Sud come una produzione hollywoodiana, instillando fiducia nelle produzioni cinematografiche del paese. Era dunque solo questione di tempo perché autori decisamente più famosi come Bong Joon-ho o Park Chan-wook riuscissero a combinare queste due tendenze (autorialità e intrattenimento) con i capolavori Memories of Murder [Bong, 2003] e Oldboy [Park, 2004]. Il secondo titolo in particolare fa esplodere la notorietà del cinema sudcoreano in Occidente, grazie alla presentazione al festival di Cannes 2004 e alla vittoria del Gran Premio della Giuria.
Shiri [1999]
Poster internazionale di Oldboy [2004]
Scene di sesso in The Power of Kangwon Province [1998] (sopra) e in La moglie dell’avvocato [2003] (sotto): nel secondo la camera arriva addirittura ad ondeggiare grottescamente intorno al proprio asse.
The Power of Kangwon Province [1998]. Nella prima immagine, il poliziotto con cui si incontra clandestinamente Jisook minaccia di gettarsi dalla finestra di un albergo; nella seconda, Sungwon spegne una sigaretta accesa sul palmo della sua mano. I due personaggi condividono, pur senza avere nulla a che fare l’uno con l’altro, una sottile e opprimente tendenza all’autolesionismo.
Il sesso, nei primi film di Hong, è raffigurato in modo distaccato: la camera è sempre immobile, i quattro lati del frame incorniciano l’amplesso, e gli stessi amanti vengono filmati durante l’atto sessuale senza alcun tipo di enfasi drammatica. Questa sorta di freddezza stilistica produce risultati contrastanti: lo straniamento può generare, infatti, effetti ironici9, che esplicitano agli occhi dello spettatore la condizione d’incomunicabilità tra uomo e donna nei film del regista sudcoreano. È proprio da quest’ultimo punto che prendono le mosse molti dei labirinti narrativi del cinema di Hong Sang-soo.
I “contes moraux” di Hong Sang-soo
Come visto, la ripetizione (sia essa evidente oppure allusiva) gioca un ruolo importante nei primi film di Hong Sang-soo; nel cinema del regista, produce spesso un effetto comico10. Dice Hong:
“The comical is caused by people who repeat themselves without realizing it. They are mesmerized by a model they are perpetually trying to resemble, and they are not paying attention to the present. But of course, no one can live without ideals. You can never see things as they are.”
In queste parole, diventa evidente la sottile critica sociale del regista nei confronti del conformismo dei suoi personaggi; critica, come sempre nei film di Hong, legata a eventi o situazioni peculiari della Corea del Sud. Non solo, al conformismo si associa anche una forte tendenza alla menzogna: soprattutto in Yourself and Yours [2016] e in The Day After [2017], i protagonisti mentono di continuo, o manifestando i sintomi di una possibile follia – con amnesie ricorrenti, a volte simulate – o nascondendo una tresca al proprio coniuge.
Yourself and Yours [2016]
The Day After [2017]
Per questo, i protagonisti dei film di Hong condividono delle analogie con quelli del cinema del regista francese Eric Rohmer11. Come scrive Marco Grosoli:
“Night and Day then begins with frontally enacting the Rohmerian scheme of getting close to adultery without having sex only to reconfirm a previous engagement, so that its inherent hypocrisy could come to the surface, so that it could be recognized as basically unusable”
L’analogia, insomma, sta nel loro comportamento: si tratta di figure incerte, costantemente colte alla sprovvista dagli eventi12, e talvolta codarde o vigliacche, incapaci di interrompere relazioni cui non sono interessate, o di confessare i propri sentimenti.
In Night And Day [2008] Sung-nam trova la ragazza da cui si sente attratto che dorme; lui vede i piedi di lei scoperti e comincia a baciarli succhiandone le dita. Ma la ragazza si sveglia quasi subito. Questo è uno dei tipici comportamenti degli uomini di Hong: codardi, ossessionati e anche un po’ aggressivi.
Sia i personaggi del cinema di Rohmer che quelli del cinema di Hong finiscono spesso per non agire; quando lo fanno, rivelano la loro meschinità. In entrambi i casi, i registi non prendono esplicitamente nessuna posizione etica, lasciando che siano i fatti a parlare per loro. A questo proposito, Marco Grosoli utilizza la parola trasparenza (transparency), che non solo permette di conferire ai film una peculiare patina aneddotica, ma pone lo spettatore in una zona d’incertezza, fra il di qua e il di là della finzione. Riportiamo ancora le parole di Marco Grosoli a proposito della sequenza di Night and Day in cui il protagonista Sung-nam e una ragazza osservano L’origine du monde di Courbet al Musée d’Orsay:
“…we are confronted with the paradox of the spectator as the ‘unstable third’. When placing themselves in front of the picture properly because Sung-nam’s head covers it – better: his head covers the key spot of the picture: the female sex. Then, without any editing cuts, the girl moves out and Sung-nam takes her place: now the picture is perfectly visible for the spectator as well. When both are staring at the picture, the picture is hidden from the spectator, because the gaze of the spectator IS precisely the absence matching together the gazes of the two characters, exactly like the void that is represented in the picture – that is, the female sex”
Night and Day [2008]
Come nota Grosoli, la mise-en-scène di Hong è trasparente non meno di quella di Rohmer, pur esplicitando tutto ciò che nel cinema del regista francese rimane evocato (si pensi, di nuovo, alla presenza del sesso nei film di Hong). Insomma, quello del regista sudcoreano è uno sguardo invadente? La sua è una mise-en-scène che potremmo definire visibile o, ‘wilderianamente’13, invisibile?
L’onirico e l’etica del montaggio
Una volta che abbiamo accettato, per i film di Hong Sang-soo, la definizione di contes moraux (“racconti morali”) che Rohmer aveva utilizzato per i suoi primi lavori14, è possibile chiedersi se nell’universo di Hong esista il libero arbitrio, tanto a livello diegetico (i personaggi dei film del regista sudcoreano hanno mai la possibilità di scegliere davvero?) quanto, si vedrà, a livello di messinscena.
I personaggi di Hong sono colti spesso nell’atto di compiere una scelta; ciò nonostante, non sono mai realmente padroni del mondo in cui li vediamo vivere. In film come Virgin Stripped Bare By Her Bachelors [2000] o come Right Now, Wrong Then [2015], possiamo osservare uno stesso evento svolgersi in due modi diversi, come in Smoking/No Smoking di Alain Resnais [1993]. Diversamente dal regista francese, però, le variazioni non sono guidate da scelte coscienti dei personaggi, ma dal loro semplice esserci come alternative. Se in Smoking/No Smoking ogni biforcazione narrativa è dettata da una singola scelta cosciente di un personaggio, in Right Now, Wrong Then è causata da scelte non premeditate, come quella di Ham Cheon-soo di mentire a Yoon Hee-jeong a proposito della bellezza della sua pittura. E ancora, queste scelte non sono il punto di partenza della biforcazione narrativa; piuttosto, si verificano quasi casualmente in una dimensione per così dire alternativa, con conseguenze inevitabilmente diverse.
Smoking/No Smoking [1994] di Alain Resnais. Qui le biforcazioni narrative sono dovute a personaggi che dicono qualcosa di diverso o prendono decisioni (anche piccole) impreviste.
Right Now, Wrong Then [2015]. Due scene identiche ma appartenenti a due distinti universi narrativi: nella prima, Ham Cheon-soo giudica positivamente (mentendo) la pittura di Yoon Hee-jeong; nella seconda, è ben più schietto e brutale. Le due scelte hanno conseguenze sul rapporto fra i due personaggi, ma non sono il punto di partenza della variazione, che parte a metà film senza alcuna ragione motivata.
E ancora, i meccanismi del destino in Hong rimangono, almeno fino a Yourself and Yours – che, si vedrà, costituisce una delle svolte decisive del suo cinema – imperscrutabili e misteriose, com’è evidente ancora da Right Now, Wrong Then: quando durante l’incontro con gli amici di Hee-jeong, Cheon-soo una volta si dimostrerà capace di mentire spudoratamente dinanzi a Hee-jeong, un’altra volta si rivelerà sincero fino al parossismo (spogliandosi di fronte alle amiche della donna).
Right Now, Wrong Then [2015]
Diversamente da lavori come Tale of Cinema [2005], che in qualche modo rende fin da subito chiaro il meccanismo della struttura del film – e del “film nel film”15 – e Hill of Freedom [2014], in cui la trama si sviluppa a partire da frammenti narrativi sparsi e riattaccati disordinatamente, molti film di Hong sono caratterizzati da una struttura che assorbe gli “scherzi del destino” di cui parla Derek Elley a proposito di The Power of Kangwon Province. In Virgin Stripped Bare By Her Bachelors [2000], nel momento in cui la storia dei protagonisti Jae-hun e Soo-jeong “riparte” a metà film, non è ben chiaro se lo spettatore sta assistendo alla stessa storia raccontata attraverso un altro punto di vista, oppure se si tratta effettivamente di una narrazione alternativa, come in Right Now Wrong Then.
Virgin Stripped Bare By Her Bachelors [2000], scena del litigio fra Soo-jung e Young-soo e della sfuriata di Young-soo da ubriaco: nella prima parte, la scena si conclude con la stessa inquadratura con cui era cominciata. Nella seconda parte del film, la scena si ripete quasi uguale ma poi prosegue: la ragazza sulla sinistra nella prima immagine si alza (2) e va nella stanza a fianco a baciare Jae-hoon (3). Una volta scoperto questo, nella seconda metà del film, appare improvvisamente incerta la devozione che Jae-hoon ha sempre detto di avere per Soo-jung.
A tal proposito, scrive Mark Raymond16:
“I find one variation particularly intriguing. In the first section, Jae-hun lures Soo-jeong into an alley by saying he has something funny to tell her, explaining that there is an old man who lives with a girl in the building. When they get into the alley, he says the old man and the girl are not there and attempts to accost Soo-jeong. In the second half, the older film director, Yeong-soo, is walking with Soo-Jeong and passes an alley. He says to her that he has something funny to show her. The scene then cuts to them lying down in a room with Yeong-soo threatening to rape Soo-jeong. Is this Hong playing with a line of dialogue and location and then showing how the scene could play out differently in an opposite narrative universe? Or, are we to thing back to the earlier line of dialogue from Jae-hun and believe that, however coincidental or fantastic, that both scenes may have occurred?”
I due momenti di Virgin Stripped Bare By Her Bachelors descritti da Mark Raymond.
Questo conferisce a Hong il ruolo di manipolatore di diversi livelli di realtà. Quest’ultima nei suoi film si fa via via più misteriosi, porosa e inafferrabile, letteralmente intrecciata a doppio nodo con l’etica e il comportamento dei suoi personaggi. Quello che lo spettatore vede è effettivamente il risultato delle scelte dei personaggi o un puro artificio di sceneggiatura? È davvero importante che lo sappia?
Questa incertezza si affianca a quella più convenzionale del “sogno”: nei film di Hong, lo spettatore potrebbe trovarsi in un sogno come nella realtà, e non è detto che le due cose siano distinte e riconoscibili. In Nobody’s Daughter Haewon [2013], che termina con Hae-won che dorme – rivelando così che quanto lo spettatore ha appena visto era un sogno –, Hong sembra alludere alla possibilità che Hae-won abbia trovato la forza di dire quel che prova a Lee Seong-joon in sogno, ma che forse non potrebbe mai farlo nella realtà.
Nobody’s Daughter Haewon [2013]
E al sogno è possibile affiancare anche lo stato di ebbrezza, che porta i personaggi a muoversi senza essere ben coscienti di cosa facciano, rendendo incerta la natura degli eventi della narrazione. È il caso di Women Are The Future Of Men [2004], il cui ultimo segmento è caratterizzato dall’ubriachezza di tutti i personaggi. Non è infatti un mistero che i personaggi ubriachi, in Hong, siano in grado di dichiarare a gran voce tutto quello che non avevano il coraggio di dire altrimenti: la confusione che ne deriva è frutto sì della scelta dei personaggi di bere, ma anche un artificio narrativo per snodare intere matasse sentimentali.
The Women Are The Future Of Men [2004]
Non è nemmeno escluso che le due cose si combinino, come nell’apice del climax onirico in On The Beach At Night Alone [2017], in cui Young-hee dice in sogno e da ubriaca, al suo vecchio amore, tutto quello che avrebbe sempre voluto urlargli in faccia.
On The Beach At Night Alone [2017]
Nonostante il nitore e la limpidezza “trasparente” della regia di Hong, la posizione dello spettatore e del regista è sempre imprevedibile e per nulla scontata.
Lo sguardo divino e l’importanza dei dettagli
Abbiamo visto che lo spettatore, in Hong, attraversa più universi narrativi, spesso tra loro alternativi, come in un’impossibile mappa che ricorda la caducità e la parzialità della percezione umana.
In Woman on the Beach [2006], il protagonista filmmaker Kim Jung-rae illustra a Moonsook una sua riflessione sulla vita tramite un disegno che descrive con queste parole: “Le tue azioni ora e la mia ossessione per la purezza sono solo immagini. Noi ripetiamo soltanto immagini che ci hanno impresso altri. Guarda. Supponiamo che questa sia la cosa reale. Cambia continuamente e ha infinite curve. E ora considera questi tre punti, qui qui e qui. La gente continua a concentrarsi solo su questi tre punti. Ebbene, si forma un’immagine. Un triangolo. Prendiamo te che fai sesso con uno sconosciuto. Un punto può essere la faccia di una donna che fa sesso. E quest’altro punto, l’immagine del pene dell’uomo. E questo punto, la strana posizione in cui vedresti la stessa situazione in un film porno. Questi tre punti creano un’immagine che è uguale a quella, brutta, che conosciamo tutti. La cosa vera scompare e rimane il triangolo, l’immagine. Ma diciamo poi che c’è anche quest’altro punto qui, che è il tuo volto felice dopo aver mangiato una torta di riso piccante. E qui il tuo bel volto che si preoccupa per un amico malato. E qui il tuo volto mentre sei seduta sul water. Se connettiamo questi punti, allora si ottiene quest’altra forma più complessa, no? Questa è una cosa decisamente più insolita, non siamo abituati a conoscerla. Ma sarà comunque più vicina alla realtà di quanto non lo sia questo triangolo. Quindi, se continuiamo a sforzarci, possiamo superare questo cattiva immagine stereotipata. Possiamo distruggerla, capisci? Dobbiamo solo riuscire a vedere questi sei punti tutti assieme allo stesso tempo. Capisci?”.
Fino al caso eclatante di Yourself and Yours [2016], lo sguardo di Hong è quasi divino, in grado cioè di guardare “al di fuori” dalla mappa di Woman on the Beach e di valutare i movimenti “extra-dimensionali” dei suoi personaggi. Questa capacità divina, tipica del narratore onnisciente in letteratura, sembra sempre un correlativo oggettivo nei film di Hong, almeno fino a – ancora una volta – Yourself and Yours. In On the Occasion of Remembering the Turning Gate [2002], Nobody’s Daughter Haewon [2013] e Right Now, Wrong Then [2015], la narrazione si svolge all’interno o evoca la presenza di templi e luoghi sacri, a volte irraggiungibili (On the Occasion)17, in cui può avvenire l’impossibile a livello onirico (Nobody’s Daughter Haewon) e narrativo (Right Now, Wrong Then). In Right Now, Wrong Then, Hee-Jong vive sotto lo sguardo di un gigantesco Buddha dorato, la cui immagine accompagna due momenti salienti del film.
Le due immagini della statua del Buddha in Right Now, Wrong Then [2015]. Il divino sembra sempre regolare, con piani imperscrutabili, il destino dei protagonisti.
A questa distanza divina – che si fa però sempre più umana e partecipe a partire da On the Occasion of Remembering the Turning Gate [2002] – si associa anche la costante tentazione, da parte di Hong, di disseminare i suoi film di indizi visivi che evocano la presenza di un’entità trascendente, a partire per esempio da rari rimandi cromatici, espediente già usato in Eric Rohmer in L’amie de mon amie [1987].
L’ami de mon amie [1987] di Eric Rohmer: lo scioglimento della commedia degli equivoci, alla cui base sta uno scambio di coppia, è perfettamente riassunto dai colori dei vestiti dei personaggi.
On The Occasion Of Remembering The Turning Gate [2002]: evidente e curiosa l’assonanza dei colori fra il vestiario e le pareti.
Right Now, Wrong Then [2015]: qui c’è una leggera assonanza fra i pantaloni della ragazza e la parete.
Altri indizi visivi sono per esempio quelli degli oggetti (posati su un tavolo, caduti per terra o in mano a un personaggio immobile), impassibili ma che spesso “partecipano” alle scelte dei personaggi: il processo che compie Hong in questo caso è esplicitare ed enfatizzare, pur sempre con discrezione e attenzione, quello che David Bordwell18 individua nel cinema di Ozu come mono no aware, la semplice ‘bellezza delle cose’. È suggestivo pensare infatti che molte alternative della vita dei personaggi di Hong non siano dettate dalla voglia di scoprire risvolti psicanalitici dei personaggi stessi, ma siano invece suggerite dalla bellezza di queste alternative, insita nel semplice fatto che esistono o possono esistere. Esattamente come gli oggetti.
Oggetti nel cinema di Hong: On the Beach At Night Alone [2017], Night and Day [2008], The Power of Kangwon Province [1998]
Oggetti e ambientazioni in un film di Yasujiro Ozu e il mono no aware, “the pathos ot things”.
Questi rimandi “invisibili” sono tipici di pittori come Cézanne o registi come Rohmer, di cui dicono Emmanuel Burdeau, Jean-Philippe Tessé e Antoine Thirion19:
“When I watch Rohmer’s films, they contain what I like in Cézanne. Cézanne stands in front of something concrete, a mountain, trees or a carafe, and he uses this raw material to move towards abstraction”.
La svolta di Yourself and Yours e il cinema di fantasmi
È possibile quindi riconoscere in Yourself and Yours un momento di svolta per il cinema di Hong, o anche un suo definitivo “abbassamento” a una dimensione prettamente umana. Benché rimanga la capacità quasi “divina” della macchina da presa di percepire quel che c’è d’astratto e sognante nel reale, in Yourself and Yours lo snodarsi degli eventi è dettato esclusivamente dalle dichiarazioni e dalle scelte di Min-jae.
Uno dei protagonisti di Yourself and Yours cerca Min-jae a casa sua (1), ma sente qualcosa (2), si gira (3) e vede Min-jae avvicinarsi (4). Ma è un sogno, si gira e tornando alla stessa inquadratura si torna alla realtà (5-6). La ragazza non sarà in casa.
La donna infatti non riconosce per ben due volte lo stesso personaggio, che pure ha conosciuto prima dell’inizio degli eventi del film. Nel caso del cinema di Hong, saremmo portati a pensare a universi narrativi alternativi. Eppure alla fine del film, quando più uomini si incontrano di fronte all’unica e sola Min-jae, appare chiaro che Min-jae è sempre stata una; ha sempre mentito, o per pazzia o per rivendicazione di libertà. Insomma, Min-jae prende il posto del regista nell’organizzazione della struttura narrativa del film.
Scrive Giampiero Raganelli su Quinlan20, chiamando in causa Quell’oscuro oggetto del desiderio [1977] di Luis Bunuel:
“A un certo punto Hong ci mostra la situazione di un manichino in una vetrina, cui viene cambiato il vestito. Min-jae cambia i suoi abiti interiori e gioca con gli uomini gretti e ottusi. È lei a lanciare loro delle metaforiche secchiate d’acqua, come quelle del film di Buñuel. Conchita può assumere le fattezze di Carole Bouquet e Ángela Molina, Min-jae può assumere diverse personalità ma rimanendo nella stessa fattezza.”
Yourself and Yours [2016]
Esistono anche ipotesi avverse a quella dell’acquisita libertà di Min-jae in Yourself and Yours21, ma è lecito considerarla come la più emblematica delle prese di posizione femminili del cinema di Hong Sang-soo, visto che da allora in poi il suo cinema si muoverà quasi esclusivamente nella percezione che le donne hanno del mondo22. È ciò che succede con On the Beach at Night Alone [2017], in cui Hong “ripensa allo scandalo suscitato in patria dalla sua relazione con l’attrice Kim Min-hee, ma ribalta il punto di vista: attraverso il personaggio interpretato dalla compagna, esorcizza la possibile fine di un amore e la conseguente cancellazione della sua realtà”23. La stessa cosa si può scrivere per Grass [2018], che insieme a House by the River [2018] costituisce un unicum onirico nel cinema di Hong. Questo non tanto perché, diegeticamente, i personaggi dormano o sognino alcunché, ma perché le ambientazioni di questi film assumono un carattere onirico talmente intenso da trovarvi immersa la quasi totalità degli eventi.
Grass [2018]
Hotel By The River [2018]
Complice l’impiego del bianco e nero, utilizzato in Hong solo in pochissimi casi, Grass e Hotel By The River vantano un’atmosfera unica. Anche perché in entrambi c’è un momento che sembra disdire tutte le regole cui Hong aveva sempre abituato lo spettatore: l’impiego della camera a mano e contemporaneamente dell’out of focus in una suggestiva sequenza di Hotel By The River, e un peculiare subjective shot di Grass. Entrambe queste sequenze raggiungono un tale livello di astrazione che i personaggi cominciano ad apparire come fantasmi ondivaghi in un mondo sempre uguale. Ecco perché il più recente cinema di Hong assume i connotati di un “cinema di fantasmi”.
Out of focus e camera a mano in Hotel By The River [2018]
Questa inquadratura di Grass, come vedremo, è sia una soggettiva di Kim Min-hee, che vede la coppia parlare dalla sua posizione (1), sia una semi-soggettiva dell’uomo seduto (2). L’ambivalenza è data dalla gestione del fuoco, mai così raffinata in Hong: una volta è sulla nuca dell’uomo (3) a ricordarci che si tratta di una soggettiva; una volta sulla donna di fronte a lui (2), come in una classica semi-soggettiva.
Merita un discorso specifico Grass: il registro del film, che si attiene ai toni con cui i tantissimi personaggi parlano tra loro e si confrontano, rimane sempre come filtrato dalla percezione della donna interpretata da Kim Min-hee24. La donna ascolta i discorsi delle persone che si trovano nei tavoli vicini; lo spettatore non saprà mai se lei trascriva quello che sente sul suo PC, o ne sia casualmente testimone. Sta di fatto che nella sequenza illustrata in precedenza, lo spettatore sta assistendo a un dialogo fra un uomo e una donna attraverso il suo sguardo. L’inquadratura è anomala: non ci sono altri casi di inquadrature in Hong che pur riprendendo un discorso a tavola fra due persone non incaselli queste ultime ai lati di un’inquadratura occupata quasi totalmente da un tavolo. Qui il tavolo non è nemmeno visibile, e in primo piano c’è la nuca dell’uomo che non vedremo mai in volto distintamente, se non per il profilo all’inizio e alla fine della conversazione. Un lento movimento di camera, sempre interno al punto di vista di Kim Min-hee, osserva l’ombra dell’uomo sul muro, riducendolo a una forma astratta e impercepibile.
Il personaggio è lo stesso dell’immagine precedente, ma non ne vediamo quasi mai il volto: solo la nuca e l’ombra.
È per questo che Grass sembra mettere un punto al percorso di “discesa tra gli uomini” del cinema di Hong Sang-soo. Non solo grazie all’evocativo utilizzo di fotografie nel finale (già presente nel ben più ironico Hahaha [2010]25), ma anche al fatto che viene reso ancora più esplicito il carattere inafferrabile dei suoi personaggi: quanto più la regia di Hong si è fatta mimetica e umana, tanto più gli esseri umani hanno perso consistenza e carnalità, e sembrano essere diventati pura sembianza, o pura percezione.
Una delle foto dell’episodio-cornice di Hahaha [2010]
Una foto dal finale di Grass [2018]
La Caméra de Claire [2017]
NOTE
1. K. Eisner, The Day A Pig Fell Into The Well, Variety, 1997
2. Il film viene presentato a Vancouver nel 1996, e poi passa dai festival di Berlino e di Rotterdam nel 1997
3. Le parole di James Quandt, critico d’arte cinematografica e selezionatore al festival di Toronto, sono letteralmente “unreliable narration” e “narrative game-playing and fragmentation”, a proposito di The Day He Arrives [2011].
4. Si attestano rari casi in cui personaggi o addirittura intere sequenze vengono riprodotte in più film di Hong: come vedremo più avanti, è il caso del cortometraggio List [2011] e del lungometraggio In Another Country [2012]
5. La citazione è riportata nello studio di Marshall Deutenbaum, A Closer Look at the Structure of Hong Sang-soo’s ‘Hahaha’, 2012.
6. “Fate’s little tricks” dice Derek Elley a Cannes 1998 alla presentazione di The Power of Kangwon Province.
7. J. Choi, “The South Korean Film Renaissance: Local Hitmakers, Global Provocateurs”, Wesleyan University Press, 2010.
8. A parlare in questi termini sono Richard James Havis e Borah Chung, in una review sul lavoro di Choi pubblicata da Spring nel 2011.
9. Stephen Teo afferma, in The Asian Cinema Experience: Styles, Spaces, Theory, che lo humour delle scene di sesso del terzo film di Hong, Virgin Stripped Bare By Her Bachelors, ha anche delle connotazioni sociologiche: l’ironia è un modo per capovolgere la consapevolezza della protagonista Soo-jung, che perde la verginità e dunque assume una nuova percezione del proprio corpo. Allo stesso tempo però si tratta di un’ironia puramente cinematografica: la scena è ripresa come qualsiasi altra sequenza del film, ma per i due protagonisti è un momento decisivo.
10. J-M Frodon, Looking for reality ‘between the cracks’, 2003
11. M. Grosoli, More Tales from Korea. Hong Sang-soo and Eric Rohmer, 2010
12. In Woman on the Beach [2006] e in Like You Know It All [2009] i protagonisti vengono colti alla sprovvista mentre sono a letto con una ragazza; in Our Sunhi [2013] la giovane Sunhi, che frequenta il suo professore di cinema, è costretta a nascondersi durante un incontro con il professore di cui sopra perché compaiono altri due ragazzi che la conoscono e a cui vuole tenere nascosta la relazione.
13. Come recita il celebre aforisma di Billy Wilder, ‘The best director is the one that you can’t see”.
14. I sei racconti morali di Eric Rohmer sono La boulangère de Monceau [1962], La carrère de Suzanne [1963], Ma nuit chez Maud [1969], La collectionneuse [1967], Le genou de Claire [1970] e L’amour l’après-midi [1972].
15. Nella prima parte di Tale of Cinema [2005] un ragazzo e una ragazza si incontrano, si innamorano e decidono di suicidarsi insieme in una camera d’albergo, salvo fallire nel loro tentativo. Dopo circa 30 minuti questa linea narrativa si interrompe, e si vede un giovane regista uscire da una sala cinematografica: ha appena visto il cortometraggio che metteva in scena la storia dei due aspiranti suicidi, e rimane ossessionato dalla figura dell’attrice protagonista del corto, che incontra poco dopo.
16. M. Raymond in cinephileforeignerinkorea.blogspot.com
17. Il turning gate del titolo di On the Occasion of Remembering the Turning Gate è un luogo sacro che il protagonista sta per visitare, ma che non visita perché con un suo amico decide che non ne vale la pena.
18. D. Bordwell, Ozu and the Poetics of Cinema, 1988.
19. E. Burdeau, J-P Tessé, A. Thirion, “For me, a film is good if it modifies my way of thinking”, 2004.
20. G. Raganelli, Yourself and Yours di Hong Sang-soo – Recensione, quinlan.it
21. Scrive Conor Bateman, in occasione della presentazione di Yourself and Yours al Melbourne Film Festival: “Hong could have framed Min-jung’s diverging identities as a function of his filmic world, casting her as merely a narrative tool that allows us to better observe the reactions of her male suitors. By re-asserting Min-jung’s agency throughout, Hong toys with those who accuse him of complacency.”
22. Ai titoli che verrano citati si accostino anche La caméra de Claire [2017], che vede in Isabelle Huppert il misterioso motore di una piccola commedia degli equivoci e dei paradossi, e The Woman Who Run [2020].
23. P. Mereghetti, Dizionario dei film 2019, Baldini e Castoldi
24. Scrive Enrico Lo Coco su allblogandnoplay.com: “E se, tra tutti i suoi lavori auto-biografici, questo sia papabile per essere il più sentito, è nel discorso -meta che, esplicitamente come mai, “Grass” diviene una riflessione sul discorso cinematografico tout-court: tanti attori si incontrano, parlano dei propri progetti o delle sfortune, bevono, osservati attentamente da quella Kim che fa le veci del suo autore-compagno, ascolta e riporta per iscritto, pur dicendo di non far la scrittrice, quanto sente, vede, immagina (?), magari per ulteriormente rendicontarne a chi il film lo stia, de facto, realizzando.”
25. In Hahaha [2010], i due protagonisti si incontrano per raccontarsi una storia in cui si sono trovati coinvolti. La storia che raccontano è in realtà la stessa, riguarda le stesse persone nello stesso lasso di tempo, ma i due non si sono mai incontrati e non facendo nomi non si rendono conto dell’equivoco. Il film alterna il racconto dell’uno e il racconto dell’altro, con dei brevi intervalli in cui i due ridono e bevono: questi intervalli sono mostrati tramite fotografie in bianco e nero dei due seduti a un tavolo.