Sulla scorta dell’ Abécédaire di Gilles Deleuze, abbiamo sottoposto ai registi in concorso al Laterale Film Festival 2020 (28-30 settembre a Cosenza) alcune parole attraverso cui spiegare il proprio modo di concepire il cinema e di vedere il mondo.
Camera sick – Jeremy Moss
SOGGETTIVA
Il cinema è la performance della vista. Il suo sguardo contiene sia il soggetto che l’oggetto. La macchina da presa soggettifica ed oggettifica.
PASSATO ANALOGICO
Presente analogico. Non è necessario che lo spettro digitale/analogico sia un binario concreto. Il mondo del cinema dovrebbe essere agnostico (e poliamoroso!) quando parliamo di forma e tecnologia.
SUBJECTIVE SHOT
Cinema is the performance of sight. Its gaze contains both subject and object. The camera subjectifies and objectifies.
ANALOG PAST
Analog present. The digital/analog spectrum need not exist as a concrete binary. The world of cinema should be agnostic (and polyamorous!) when we consider form and technology.
The immortality of the crab – Giacomo Manzotti
SPERIMENTAZIONE
Questo progetto, anche se prodotto nell’arco di tempo di circa 4 settimane, probabilmente ha iniziato a prendere forma nella mia mente qualche anno fa, quando il regista Michel Fuzellier mi ha dato la possibilità di animare una breve sequenza all’interno del suo lungometraggio “Iqbal bambini senza paura”.
La sequenza doveva rappresentare le allucinazioni per l’eccessivo lavoro del personaggio protagonista, un bambino costretto in schiavitù in una fabbrica di tappeti.
Per lavorare a questa animazione avevo cercato ispirazione nei film sperimentali realizzati in cameraless animation da Len Lye, pioniere neozelandese di questa tecnica, e dall’animatore di origine scozzese Norman McLaren.
Ricercavo un tipo di spontaneità, freschezza e fluidità dell’animazione che riuscivo a vedere solo nel lavoro di questi autori.
In molti di questi film prevale la ricerca sinestetica tra immagini e sonoro, i risultati portano il senso della vista e quello dell’udito a ingannarsi vicendevolmente: il suono guida le immagini, le immagini guidano il suono, in una tensione continua.
Il mio desiderio di provare a giocare con questo concetto in un cortometraggio animato libero da qualsiasi paletto o fine commerciale è nato in quel momento.
Per realizzare “Immortality of the crab” ho messo a punto una tecnica che mi permettesse di lavorare in un modo analogo a quello utilizzato nella tecnica di animazione diretta su pellicola.
Cercavo un materiale versatile come la pellicola 35mm: si può graffiarne l’emulsione, si può disegnare direttamente sui fotogrammi, si può sciogliere e manipolare l’emulsione con agenti chimici, si può far decadere per avere effetti inaspettati, si può perforare, ritagliare… quale materiale poteva avere così tante possibilità di manipolazione creativa?
Il cartone. Potevo inciderlo, tagliarlo, strapparlo, dipingerci sopra, bucarlo, graffiarlo.
L’idea che ho avuto è quella di creare delle strisce di cartone, dividerle in fotogrammi e poi lavorarlo come se stessi usando un formato di pellicola 3 volte più grande della 35mm, per poi fotografare un fotogramma alla volta.
Poco più di due anni fa ho realizzato alcune fotografie e un piccolo test di animazione utilizzando il cartone, e i risultati mi sono sembrati spendibili sull’eventuale sviluppo di un progetto più consistente.
Durante queste prime prove mi sono reso conto che attraverso la manipolazione del cartone si produceva un’ampia gamma di suoni, che si sarebbe potuta usare per creare una colonna sonora astratta per il film.
Queste idee e questo materiale sono rimasti chiusi in un cassetto per circa due anni. Continuavo a pensare che prima o poi ci avrei fatto qualcosa, ma nella routine lavorativa quotidiana non riuscivo a concedermi il tempo per fare ulteriori passi avanti.
Poi, a dicembre 2018 sono venuto a conoscenza del concorso Straight8, e ho deciso di iscrivermi intravedendo una possibilità per realizzare finalmente il mio cortometraggio.
NOTA: Straight8 è un concorso internazionale di corti girati in pellicola super 8. Le regole vietano l’uso di montaggio e postproduzione. Tutte le scene (o nel mio caso i fotogrammi singoli) devono essere girate in ordine di narrazione, dall’inizio alla fine, su un’unica bobina di pellicola super 8 che viene poi inviata direttamente all’organizzazione del concorso che provvede a sviluppo e digitalizzazione.
In un secondo momento si invia la traccia audio (realizzata senza aver visto il film!) che viene montata allineandola al primo fotogramma del film girato, senza nessuna possibilità di sincronizzazione successiva alle riprese.
Ingredienti utilizzati per creare il film:
25 giorni di lavoro
75 metri di cartone
3 chiodi
12 lame di taglierino
6 punteruoli da cuoio
2 litri di acrilico
4 pennelli
5 viti
1 martello
3 rotoli di nastro adesivo
150 etichette
100 salva buchi
21 punzoni
1125 fotogrammi realizzati
1 bobina di pellicola super8 Kodak Vision 200T
34 ore di riprese
1 cinepresa braun nizo professional
2 persone sul set
2 sound designer
150 mq di spazio di lavoro
6 bottiglie di lambrusco reggiano doc
4 matite nere e bianche
GRANCHIO
Il granchio c’entra ben poco con quello che si vede nel film.
Questo crostaceo fa la sua comparsa solo nel titolo, il cui significato è la chiave di lettura di questo lavoro.
“Pensare all’immortalità del granchio” è un modo di dire di origine sudamericana ormai caduto in disuso che si usa per indicare l’atto di sognare ad occhi aperti.
Fertile – Terry Silvester
CONOSCENZA
Guardavo mio fratello piccolo che si era addormentato in macchina. Mia madre stava guidando. Lei e mio padre avevano appena divorziato ed eravamo in viaggio verso il Galles per visitare alcuni parenti. Avevo quattro anni allora. Credo sia uno dei miei primi ricordi.
Mia madre ha fermato la macchina in una piazzola di campagna e mi ha fatto scendere. Abbiamo lasciato Jake che dormiva in macchina. Ricordo lei che mi solleva oltre una staccionata di legno e mi tiene la mano mentre attraversiamo un campo d’erba alta. Sono caduto un paio di volte ma lei mi tirava di nuovo in piedi. Una mandria di mucche stava davanti al cancello; mi sembravano dei giganti. Mi ha preso e teso il mio braccio così che potessi toccarle. Si spingevano a vicenda per annusarmi e leccarmi la mano – le loro lingue erano ruvide come carta vetrata. Ero troppo giovane per esserne spaventato, la mia mente era piena di innocenza e meraviglia. Mi ha riportato indietro attraverso il campo e mi ha messo in macchina accanto a mio fratello che dormiva ancora.
Lei dice di non ricordarsene, ma io lo immagino vividamente.
CONTRASTI
Credo fosse autunno o inverno ed eravamo in vacanza da qualche parte in Cornovaglia. A quel tempo si raccontava di persone risucchiate dal fango sulle spiagge e che dovevano essere soccorse. Lungo il bagnasciuga dove stavamo noi, c’erano dei cartelli che avvisavano le persone a non andare sulle spiagge infangate. Non ricordo bene perché mia madre decise di ignorare i cartelli, ma lo fece e finì risucchiata. Io e Jake stavamo sul marciapiede a guardare mentre il suo nuovo fidanzato cercava di tirarla fuori. Le persone iniziarono ad accorgersene. Una vecchia signora rimase con noi. Ricordo che trovavo la situazione abbastanza divertente, soprattutto quando anche il suo compagno finì risucchiato durante l’operazione di salvataggio. Non ho mai percepito se si trovassero in una situazione di reale pericolo, anche quando le persone intorno a noi confortavano me e mio fratello. La gente urlava loro istruzioni. Qualcuno chiamò la guardia costiera che uscì con un hovercraft e li salvò con dei grossi pali metallici. Avrei voluto essere abbastanza grande da avere una macchina da presa. Penso che sarebbe diventato virale.
KNOWLEDGE
I looked at my baby brother, who was asleep in his car seat. My Mum was driving. She had just got divorced from my Father and we were on our way to Wales to visit some family. I was four years old at the time. This must be one of my earliest memories.
She stopped the car in a countryside lay-by and got me out. We left Jake asleep in the car. I remember her lifting me over a wooden fence and holding my hand as we made it through a field full of long grass. I fell a few times, but she pulled me back up to my feet. A herd of cows stood at the gate; they looked like giants to me. She picked me up and held out my arm so I could touch them. They pushed one another out of the way to sniff and lick my hand – their tongues felt rough, like sand-paper. I was too young to be scared, my mind was full of innocence and wonder. She carried me back through the field and placed me in the car next to my brother who was still asleep.
She claims not to remember this, but I picture it vividly.
CONTRASTS
It must have been autumn or winter and we were on holiday somewhere in Cornwall. At the time there were reports in the news about people getting sucked in mud on beaches and having to be rescued. Along the shoreline where we were staying were signs advising people not to go onto the muddy beaches. I can’t quite remember why my Mother decided to ignore the signs, but she did, and she got suck. Me and Jake stood on the pavement watching as her new boyfriend tried to pull her out. People started to notice. An old lady stood with us. I remember finding the situation quite amusing, especially when her boyfriend got himself suck in the process. I never felt as if they were in any real danger, even when the people around us tried to comfort me and my brother. People were shouting instructions out to them. Someone even rang the coastguard. They came out in a hovercraft and rescued them with large metal poles. I wish that I had been old enough to have a camera.
I think it would have gone viral.
Tomorrow – Bo Vloors
INFANZIA
L’infanzia è spesso percepita come un momento specifico, finito ed innocente della vita. Una verità. Ma nell’infanzia, il futuro che cresce dentro di te ha già iniziato a sviluppare ed esaminare, inconsciamente, la sua posizione all’interno della società. Attraverso la creazione di un microcosmo chiuso, dove la realtà e l’immaginazione diventano una cosa sola, troppo spesso rispecchiamo il mondo adulto che ci circonda. Una volta che diventiamo parte di questo mondo adulto, desideriamo un abbaglio per accedere alla memoria che era innocente senza vera innocenza, e al piacere di incorporare l’energia della gioia che noi, da adulti, crediamo sia bellissima.
DOMANI/PASSATO
“ Credo di ricordare cosa significhi essere, essere una bambina, un’adolescente, una ragazza tra i venti e i trent’anni. Ma non so cosa significa essere una vecchia donna” – Io
“Io credo di ricordare cosa significhi esse, essere una bambina, un’adolescente, una ragazza tra i venti e i trent’anni, un’adulta, una persona anziana” – una vecchia donna
Non avremo ancora esperienza del domani. Ma abbiamo già esperito il passato. Ogni persona ha un cerchio di tempo che la circonda. Il cerchio del bambino è più piccolo di quello di un adolescente, che è più di quello di un adulto, che è più piccolo di quello di un anziano. Il cerchio si espande inevitabilmente, una volta che inaliamo più passato, attraverso il tempo, poiché il tempo è il solo capace di affrontare il domani.
CHILDHOOD
Childhood is often perceived as a specific, finite and innocent moment in once life. A truth.
But within childhood, the future grown-up inside you is already starting, developing and examining, unconsciously, its position in society. Through the creation of an enclosed microcosm, where reality and imagination became one, we mirrored all too often the adult world surrounding us. Once we become part of this adult world, we long for a glimpse to access the memory that used to be innocent, without true innocence, and the pleasure to embody the energy of joyfulness that we, as adults, believe to be beautiful.
TOMORROW/PAST
“I believe I remember what it must be, to be a child, an adolescent, a mid-twenties.
I do not know what it must be to be an older woman” – I
“I believe I remember what it must be, to be a child, an adolescent, a mid-twenties,
an adult, an aged person” – an older woman
We will not experience tomorrow yet. But we already experienced the past. Every person has a circle of time surrounding them. A child’s circle is smaller than an adolescent circle, is smaller than an adult’s circle, is smaller than an elderly’s circle. The circle expands inevitably, once we inhale more past, through time, as time is only able to face tomorrow.
Self-portrait, with bag – Dianna Barrie
ESPERIMENTO
Self-portrait, with bag trae origine da una scoperta casuale. Mentre stavo avvolgevano alcune cartucce Super 8 in un sacchetto di stoffa nera, si è formata accidentalmente un’immagine dove la luce era passata attraverso la trama sottile della borsa. La luce non solo era filtrata dai fori della trama, ma era stata messa a fuoco dai fori, proprio come in una fotocamera stenopeica. Tuttavia, non c’era un solo foro (che avrebbe creato una sola immagine), c’erano immagini grandi, piccole, nitide e morbide sparse ovunque dalle variazioni organiche nei fori della trama del tessuto. Ogni frammento dell’immagine era incorniciato da dettagli delle fibre di stoffa. Sebbene le immagini riguardassero la stessa scena nello stesso momento, tutte erano “inquadrate” in modo diverso dal tessuto.
Questo è stato proprio il tipo di incidente che mi ha portato a fare film. Ottenere abbastanza materiale abbastanza interessante da guardare ha richiesto più di cento ulteriori tentativi. Richiede condizioni di illuminazione e tempi di esposizione precisi per ottenere qualcosa di più che campi colorati e linee vorticose. Alla fine, dopo diversi anni, sono riuscita a girare anche i titoli usando solo la borsa.
MOLTIPLICAZIONE
Poiché il materiale originale era super 8, aveva senso gonfiare la pellicola fino a una stampa di 16 mm per la proiezione. Poiché mi piace abbastanza il ritmo del materiale catturato dalla borsa, la maggior parte del film è una copia diretta. Tuttavia, approfitto anche del processo di ingrandimento per migliorare la visibilità di alcuni elementi pittorici. Dopo aver copiato uno scatto direttamente, lo copio di nuovo, questa volta forse duplicando i miei fotogrammi preferiti in modo che rimangano sullo schermo un po’ più a lungo, o riordinando tutti i fotogrammi per ottenere il movimento più fluido, o talvolta ri-inquadrando per ingrandire alcuni dettagli. Queste variazioni interrompono il flusso caotico incessante, imponendo l’ordine.
Fare una scoperta come questa e giocarci nel tempo è l’essenza del mio cinema. Si tratta solo di trovare una cosa al di fuori del confine e poi spingere finché non lo aggiro. Ovviamente non sempre funziona!
MULTIPLICATION, EXPERIMENT
‘Self-portrait, with bag’ had its origins in a chance discovery. While winding through some unfinished super 8 cartridges in a black cloth bag, an image accidentally formed where light had come through the fine weave of the bag. Light had not only leaked through the holes in the weave, it had been focused by the holes, just like in a pinhole camera. However, there was not just one hole (which would make only one image), there were images large and small and sharp and soft scattered all over the place by the organic variations in the holes of the fabric’s weave. Each fragment of image was framed by details of the cloth fibres. Although all of the dozens of images were of the same scene at the same moment, everyone was ‘lensed’ differently by the fabric.
This was just the kind of accident that draws me into filmmaking. Getting enough material that I find compelling to watch took more than one hundred further attempts. It requires precise lighting conditions and exposure times to get anything more than coloured fields and swirling lines. Eventually, after several years of this, I was able to shoot even the titles using just the bag.
Since the original material was super 8 it made sense to blow the film up to a 16mm print for screening. Because I quite like the rhythm of the material as captured by the bag, most of the film is a straight copy. However I also take advantage of the blow up process to enhance the visibility of some of the pictorial elements. After copying a shot straight, I copy it again, this time perhaps duplicating my favorite frames so that they are on the screen a little longer, or re-ordering all of the frames to get the smoothest movement, or sometimes re-framing to enlarge certain details. These variations break up the incessant chaotic flow, offering respite by imposing order.
They met under a ceiling of sky – Catriona Gallagher
RI-SCRITTURA
Ho riflettuto molto sul processo di scrittura di un “resoconto” di un evento e su come questo non possa mai essere obiettivo; non c’è mai una storia precisa da raccontare. Allo stesso modo, un resoconto può essere raccontato in modo diverso in giorni diversi, con stati d’animo diversi o in luoghi diversi; è sempre influenzato dai pensieri che fluttuano e dalle circostanze che orbitano attorno all’evento. La riscrittura fa venire in mente il montaggio e il modo in cui modifichiamo le nostre storie, quelle che raccontiamo a noi stessi tanto quanto quelle che raccontiamo ad altre persone. Nella casa che fa da cornice a They met under a ceiling of sky , sono entrata nel processo di scrittura e riscrittura e dell’evento che si è verificato nello stesso luogo in un momento diverso, e gradualmente ho iniziato a romanzare e distorcere.
SOLITUDINE
La solitudine per me è essenziale per il processo di scrittura. Non scrivo mai sul mio diario quando mi circondano amici o persone care. Eppure potrei sedermi felicemente in un caffè affollato di una città con la gente che mi circonda per scrivere; in quella situazione è altrettanto possibile trovare una forma di solitudine come quando si è completamente soli. Analogamente al processo di scrittura e riscrittura, nella solitudine il sé sembra moltiplicarsi e riempire più spazi di quanto possa fare in presenza di altri. Quindi sia la scrittura che la solitudine iniziano a fratturarsi all’interno del mio film, ciascuno causa vibrazioni nell’altro e incoraggia le cose a rompersi e dividersi.
RE-WRITING AND SOLITUDE
For the two word prompt I was certainly thinking about both of these themes during the making of They met under a ceiling of sky. I have been thinking a lot about the process of writing an ‘account’ of an event and how that can never be objective; there is never an accurate story to tell. Likewise, the account may be told differently on different days, with different moods or in different locations; it is always impacted by the thoughts floating and circumstances orbiting the event. Re-writing brings to mind editing and how we edit our own stories, the ones we tell ourselves as much as the ones we tell other people. In the house that is the setting for Ceiling of sky, I entered into the process of writing and rewriting and event that took place in the same location at a different time and gradually it began to fictionalise and twist. Solitude for me is essential to the process of writing. I never write in my journal when friends or loved ones are around me. Yet I could happily sit in a busy cafe in a city with people milling around me to write; in that situation it is just as possible to find a form of solitude as when completely alone. Similarly to the process of writing and rewriting, in solitude the self seems to multiply and fill more spaces than it can in the presence of others. Hence both writing and solitude begin to fracture within my film, they each cause vibration in the other and encourage things to break down and split.
Epoch isn’t big deal – Ignacio Tamarit & Tomas Maglione
CITTÀ
La città è rappresentata nel film principalmente dalle barre antifurto che esistono nei quartieri della città di Buenos Aires. Il loro progetto cerca di estetizzare un problema più profondo, quello della difesa della proprietà privata. In termini politici, il nostro punto di vista su quella città si sposta sempre dallo spazio pubblico a quello privato.
MOVIMENTO
Il movimento è l’agente in grado di animare strutture materiali rigide, portandole a una linea morbida. Imitando le forme con il movimento della telecamera, si accede al linguaggio del disegno, che ci permette di immaginare una nuova città da frammenti della città esistente. La velocità di quel movimento ha più a che fare con la fotocamera come strumento moderno e urbano, capace di trasformare piuttosto che contemplare.
CITY AND MOVEMENT
The city is represented in the film mostly by the anti-theft bars that exist in the neighborhoods of the city of Buenos Aires. Their design tries to aestheticize a deeper problem, that of the defense of private property. In political terms, our point of view of that city is always from the public to the private space. Movement is the agent capable of animating rigid material structures, and bringing them to a soft line. By imitating the forms with the camera movement, we access the language of drawing, which allows us to imagine a new city from fragments of the existing city. The speed of that movement has more to do with the camera as a modern and urban tool, capable of transforming rather than contemplating.
LT – Ignazio Fabio Mazzola
ORIGINE, MONTAGGIO
Due parole, montaggio e origine, descrivono la struttura compositiva di LT, simile a un pezzo di città formato da una direttrice di traffico e da spazi destinati alla sosta. La parola spazio identifica l’abitato con i suoi limiti, ma non solo, traccia ponti con gli affetti e quando si dileguano c’è la pellicola a ricordarci di cosa siamo fatti. Il tempo dilata e comprime gli spazi, le due consonanti del titolo viste dall’alto come le pareti di una stanza inserita in un passaggio.
Dear friend, where do we go today? – Roberto Valdivia
FICTION
Dear friend, where do we go today? è stato concepito per essere un film di fiction che detenga in sé una certa componente fantasy. Per fare ciò si è voluto però discostarsi dalle tipiche ambientazioni e soluzioni tecniche che tale genere cinematografico adotta, abbracciando invece una direzione molto più grezza e naturale. All’importante elemento di finzione ho tentato di limitare l’impronta fantastica facendola rimanere sempre in superficie e senza che esploda mai del tutto. Questo perché era importante per me non rappresentare ciò che la protagonista stesse realmente immaginando in quel momento. Così facendo ho pensato di poter donare allo spettatore e a me stesso la possibilità di creare il proprio mondo immaginario all’interno di quello reale. Così come si fa in età fanciullesca. Un altro elemento che ho voluto utilizzare per allontanarmi ulteriormente dal genere è il mio posizionamento nei confronti dei personaggi e dell’intorno. A tal riguardo ho tentato di creare una sorta di contrasto con il fattore fiction rendendo ben percepibile il punto di vista e addossandogli un’impronta, per così dire, più documentaristica. Nonostante ciò io considero il mio film senza alcun dubbio un’opera di fiction ma, forse proprio per via dei vari distanziamenti, ho trovato interessante come in molti casi gli siano stati accreditati degli aggettivi quali: sperimentale, no fiction, ibrido o narrativo-sperimentale.
METACINEMA
Durante il processo di creazione di un mio film la tematica del cinema è sempre presente. Cerco ogni volta di pormi delle questioni sul linguaggio cinematografico da adottare e il perché farlo. Ogni mia produzione ruota attorno a un ragionamento o a un pensiero che ho sul mio cinema in particolare e, di conseguenza, sul cinema in generale. Io che sono in fase di ricerca e maturazione di un’identità cinematografica non posso esimermi dal parlare anche del mezzo. Ciò perché ho interesse, in futuro, a confrontarmi con le mie opere tentando di delineare, tramite il pensiero sul cinema, un ragionamento su me stesso. Così come ho interesse a ragionare sui film che vedo, ho interesse a portare sullo schermo queste considerazioni e rapportarle ai miei film per vedere cosa ne viene fuori. In Dear friend, where do we go today? ho voluto esplicitamente rendere visibile il “trucco” del mezzo espressivo per coinvolgere e interrogare lo spettatore in maniera più diretta. In questo progetto mi sono sentito libero di citare il cinema che più apprezzo ma riformulando sempre qualcosa. Non ho avuto il timore di risultare referenziale poiché ritengo che gli autori a cui mi rivolgo abbiano a loro volta, chi in maniera più evidente e chi meno, preso spunto da altri registi. E in effetti, il fatto che un film possa contenere dentro di sé decine di altre opere, di altre storie, di altre vite, la trovo una cosa veramente affascinante.
Merci mais non merci – Alessandra Beltrame
DIARIO
Perdo continuamente i diari ma scrivo ovunque e perdere tutti i pensieri è impossibile.
BATTAGLIA
Combatto seduta su una sedia.
Combatto camminando in montagna.
Combatto andando al cinema.
Ma il vento, l’erba e le sedie non vogliono litigare con me.
Forse ho sbagliato qualcosa.
Murmur – Stijn Demeulenaere & Jan Locus
SUSSURRO
Il silenzio non è l’assenza di suono, quella è la morte. “Quiet” è un registro diverso, una scarsità, un equilibrio sommesso. Il silenzio può essere sonoro, visivo o entrambi, sì, ha a che fare con il volume, ma in realtà è la cosa meno importante. A volte, in decibel assoluti, non è nemmeno così diverso da quello che descriveremmo come forte. Ma è un tono diverso, un equilibrio in cui i singoli elementi si relazionano in modo diverso, forse più intimamente che in un paesaggio sonoro ad alto volume. Un paesaggio tranquillo che invita ad ascoltarlo, a scoprirlo, è ricco di piccoli elementi che, poiché il registro gli lascia spazio, possono essere scoperti dallo spettatore. Questi piccoli momenti richiedono la tua attenzione. Non sono evidenti a prima vista, ma hanno bisogno di tempo per essere percepiti. Non si fanno valere, ma ti attirano. Un sussurro ha le stesse qualità: qualcosa in sottofondo, qualcosa che timidamente attira la tua attenzione, qualcosa che potresti non notare immediatamente, ma che non puoi ignorare. Qualcosa che ti colpisce, anche senza che te ne accorga. Qualcosa di piccolo ma con un grande potere potenziale. Crediamo che questo posto a Bruxelles, la palude di Ganshoren, abbia queste stesse qualità. Il suo equilibrio tra città e natura non è affatto, in decibel, così tranquillo, al contrario. Tuttavia, è pieno di piccoli dettagli che ti attirano, piccoli elementi che catturano la tua attenzione, a partire dalla coda dell’occhio. È lo squittio improvviso, un piccolo guizzo di luce, un alambicco con un sospetto di movimento.
STASI
Murmur non mostra una stasi, ma un luogo pieno di vita che forse non possiamo percepire, movimenti che i nostri sensi non registrano, almeno non in questo momento. Murmur cerca di esplorarli usando video e audio…
WHISPER AND STASIS
Quiet is not the absence of sound, that is death. Quiet is a different register, a sparseness, a hushed balance. Quiet can be sonic, visual, or both, Yes, it has to do with volume, but that’s actually the least important thing. Sometimes, in absolute decibels , it’s not even that different from what we would describe as loud. But it’s a different tone, a balance where the individual elements are relating differently, perhaps more intimately than in a loud soundscape. A quiet landscape you invites to listen to it, to discover it, it’s full of small elements that, because the register allows the space for it, can be discovered by the spectator. These small moments demand your attention. They’re not apparent at first glance, but need time to be perceived. They don’t assert themselves, but draw you in.
A whisper has the same qualities: something in the background, something that shyly commands your attention, something you might not notice immediately, but that you cannot ignore. Something that gets to you, even without you realizing it. Something small but with great potential power. We believe this place in Brussels, the Swamp of Ganshoren, has these same qualities. Its balance between city and nature is not, in decibels, that quiet at all, on the contrary. However, it is full of small details that pull at you, little elements that catch your attention, starting with the corner of your eye. It’s the sudden squawk, a little flicker of light, a still with a suspicion of movement.
Murmur doesn’t show a stasis, but a place full of life that we perhaps can’t perceive, movements our senses don’t register, at least not in this moment. Murmur tries to explore these using video and sound…